Con che diritto Jacopo Coghe continua a ripetere che lui ha deciso che il rispetto costituirebbe reato penale?


Non ci risulta che Jacopo Coghe sia stato eletto duce o führer d'Italia, quindi non si capisce perché si atteggi come se si ritenesse tale. Infatti avrà anche acquistato una spunta blu da Ellon Musk, ma l'esborso non lo legittima dire che lui esige che la mancata discriminazione degli adolescenti sia ritenuta reato. Neppure se la spunta blu l'ha pagata in rubli.

In quel suo isterico attacco alla carriera alias, Coghe cerca di sostenere che la sua opinione sarebbe condivisa perché un gruppo nato contro le unioni civili che è federato con la sua organizzazione gli darebbe ragione:



Il link rimanda all'ennesimo comunicato stampa in cui il vicepresidente di Provita Onlus racconta che l'iniziativa personale di due tizi di Fratelli d'Italia che hanno provato a minacciare una preside di Venezia dovremmo implicare il dovere di togliere diritti e rispetto agli studenti sgraditi alla sua organizzazione. E così Jacopo Coghe dichiara:

Apprezziamo l’iniziativa dei delegati di Fratelli d’Italia Anita Menegatto e Andrea Barbini, che hanno ricordato alle scuole di Venezia i pericoli e l’illegalità della Carriera Alias. Ci stupisce, però, l’intervento del Ministero dell’Istruzione che tramite il sottosegretario all’Istruzione Paola Frassinetti, anch’essa di Fratelli d’Italia, sembra discostarsi dalle linee del partito. Se è vero che i partiti politici non devono interferire con l’autonomia scolastica, il Ministero invece ha il dovere istituzionale di intervenire per mettere fine a questo abuso. La Carriera Alias va contro le vigenti normative amministrative, civili e potenzialmente anche penali ed è anche un atto viziato da incompetenza in quanto le scuole non hanno alcun potere di modificare il nome anagrafico e l’identità legale di un individuo. Inoltre è pericolosa perché rischia di instaurare nei giovani la falsa idea che si possa “nascere in un corpo sbagliato” e per questo prendere la strada della transizione sociale e chirurgica con conseguenze spesso irreversibili.

Peccato che il fatto che Jacopo Coghe dica che lui ha deciso che la carriera alias sarebbe illegale non lo legittima a dire che la sua opinabile opinione sia un dato di fatto. Ed è grave cerchi di veicolare falsità ripetute a raffica nella certezza che una bugia ripetuta all'infinito inizierà ad essere percepita come una verità.
Ad aggravare il tutto è quella sua spunta blu, pagata per garantire che la su a propaganda sia imposta a chi non ha mai deciso di seguirlo e neppure è interessato a quello che lui scrive:



Con buona pace per il signor Coghe, la carriera alias è un protocollo che offre la possibilità di comparire nella burocrazia interna di un ente o di un'azienda con il nome che corrisponde alla propria identità di genere anche se diversa da quello anagrafico, senza che questo incida sui riferimenti legali. Il suo inventarsi che qualcuno vorrebbe "modificare il nome anagrafico e l’identità legale di un individuo" è dunque una evidente menzogna. Ma non è una bugia bianca, è una menzogna pericolosa che lui cerca di imporre alla società pagandosi la visibilità delle sue teorie spacciate come se fossero verità rivelata
E forse la nostra democrazia è malata se non prevede mezzi per sanzionare chi mente in maniera tanto sfacciata nella speranza di incitare all'odio quei poveri di spirito che lo finanziano.

A dir poco delirante è il suo tirare in ballo operazioni chirurgiche, che nulla hanno a che fare con la carriera alias. Sarà che la organizzazione farebbe di tutto per danneggiare la vita delle persone trans, ma arrivare a mischiare temi a caso pare un insulto a chiunque abbia una alche neurone funzionante. E se il suo obiettivo fosse quello si spingere le famiglie omofobe a non accettare figli trans, sarebbe anche peggio dato che è provato che la non accettazione in famiglia aumenta a dismisura il rischio di spingere al suicidio le vittime della sua propaganda e il suo contributo lo porterebbe ad avere responsabilità pressoché dirette su quelle tragedie.

Non va meglio con Carlo Stacchiola, che in qualità di presidente dell’associazione Articolo 26 si inventa che se il suo Coghe ha deciso che i progetti ministeriali sarebbero illegali, chiunque rispetti gli studenti al posto di compiacere le lobby omofobe andrebbe ritenuto un delinquente: «Scuola e politica devono stare dalla parte dei minori e delle famiglie, e per questo è bene ricordare anche alla preside del liceo Marco Polo di Venezia, Maria Rosa Cesari, che l'autonomia delle scuole è circoscritta a quanto prevede la legge e che non esiste autonomia che renda le scuole una sorta di stato indipendente».
Forse il signor Stacchiola non ha capito che le scuole sono ben integrate nella cultura italiana, sono loro ad essere fuori dal tempo a a pensare di vivere a Mosca.
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