Provita Onlus tenta di sostenere che i diritti siano un costo (e dunque vadano abrogati)


L'organizzazione forzanovista Provita Onlus non si limita a promuovere omofobia e a chiedere leggi che impongano la discriminazione degli studenti lgbt nelle scuole. Vogliono anche cancellare il diritto di scelta delle donne, sostenendo che i diritti siano un costo.
Ospiti fissi al Senato, sostengono che davanti ai diritti umani si dovrebbe fare «un’attenta analisi costi-benefici». Insomma, davanti al migrante che affoga dovremo chiederci se la sua vita valga il costo della benzina o se possa essere economicamente più conveniente guardarlo affogare senza intervenire.
Nel caso specifico, loro parlano di quanto possa essere economicamente conveniente negare i diritti delle donne. Ed ovviamente dicono che :

È stata aggiornata la stima dei costi finanziari dell'aborto al 2020, anno per il quale abbiamo i più recenti dati ufficiali disponibili: il costo di applicazione della legge 194/1978 è stato di 59,6 milioni di euro nel solo 2020, una cifra che, se spesa diversamente, avrebbe permesso a 100.000 italiani poveri di affrontare meglio le proprie spese sanitarie.

Naturalmente non pensano a quanto bambini poveri e non voluti avrebbero costretto a nascere, così come è curioso non facciano mai quei conti quando lo stato regala denaro pubblico alla Chiesa. Il ponte del loro Salvini costerà 14,6 miliardi, ma caso vuole che in quel caso non dicono che sia colpa delle spese di Salvini se gli italiani poveri hanno difficoltà ad affrontare le spese sanitarie.
Stando alla loro teoria, potremmo anche chiederci: quanto ci costeranno le pensioni di Toni Brandi e Jacopo Coghe? Stando alla loro teoria, dovremmo sostenere sia più conveniente sopprimerli perché così daremo i loro soldi a degli italiani poveri...

Coghe chiede anche che si vieti la pillola, perché l'aboto deve essere doloroso ed evasivo:

In particolare, si sono analizzati i dati relativi all’uso della Ru 486: ormai oltre un terzo degli aborti è effettuato con tale modalità chimica. La propaganda la promuove sostenendo che questa pratica abbia un minor costo in termini di degenza ospedaliera, una minore invasività procedurale e un approccio più accattivante e meno traumatico all’aborto stesso. Le complicanze dell’aborto chimico vengono descritte come “minori” o trascurabili, facendo passare l’idea che sia sicuro, semplice, rispettoso della privacy e della “autodeterminazione” della donna. E così si spinge affinché esso avvenga fuori dalle strutture ospedaliere “comodamente a casa”.
Questa narrazione dominante è sistematicamente ed inesorabilmente smentita dal lavoro dell’OPA.

Quando si dice il caso. Un gruppo di anti-abortisti sostiene che loro avrebbero scoperto che tutti gli altri sbaglierebbero e che avrebbero ragione loro. E dicono anche che i dati ufficiali non gli andavano bene e dunque si sono fabbricati i loro:

Inoltre si propone una rivalutazione dell’incidenza delle complicazioni sanitarie legate all’aborto in genere, sulla base di nuova informazione statistica raccolta appositamente, in quanto le statistiche ufficiali sulle complicanze sono evidentemente sottostimate. Si conferma inoltre che l’incidenza delle complicanze per la salute della donna sono significativamente superiori nel caso dell’aborto chimico.

Sostengono così che bisognerebbe vietare la pillola perché loro ritengono che il feto vada ritenuto un bambino in quella loro solite mistificazione della realtà. Ed ovviamente sostengono che tutto andrebbe vietato perché loro preferiscono i grumi di cellule a chi è nato:

La progressiva privatizzazione dell’aborto, poi, contribuisce alla considerazione dello stesso come una pratica contraccettiva da usare quando falliscano altri metodi: questo avviene in palese violazione della stessa legge 194 e contribuisce alla banalizzazione della procedura e alla "cancellazione" della esistenza di un bambino allo stato embrionale che con l'aborto viene ucciso.
Il Rapporto inoltre prova che la cosiddetta “contraccezione di emergenza”, i cui effetti potenzialmente abortivi sono dimostrati da una solida evidenza scientifica, di cui parleremo un’altra volta, mette in discussione anche la narrazione del calo costante del tasso di abortività volontaria: tenendo conto di questo dato risulta evidente che gli aborti in Italia non sono affatto in diminuzione, anzi: in evidenza c'è la tabella 5, tratta dal Rapporto, che dimostra il trend in lieve crescita degli aborti in Italia: circa il 18% delle gravidanze finiscono con un aborto volntario. E se si aggiunge la stima degli aborti clandestini (circa 10 - 13.000 l'anno secondo il Ministero), si arriva al 20%.

Interessante è come ammettano che esistano aborto clandestini. Quindi sanno bene che se vieteranno l'aborto saranno loro ad alimentare quel mercato e a garantire aborti tardivi e maggior mortalità tra le donne. Ed ovviamente la loro conclusione non è scientifica ma prettamente etica, sostenendo che loro vogliono che la donna sia costretta a fare ciò che loro gli ordinano:

Il lavoro dell’OPA vuole riportare al centro dell’attenzione l’aborto legale per quello che è nei fatti: la soppressione di una vita innocente, sia pur nei suoi momenti iniziali, che comporta gravi conseguenze anche sulla madre e alti costi materiali e sociali per la collettività.

Insomma, l'unico aspetto che loro non prendono mai in considerazione è il diritto di scelta, la libertà personale e il volere popolare espresso per via referendaria.
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