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Onu: da oggi non esisteranno più diritti universali

Da oggi non esisteranno più diritti universali, ma i diritti potranno essere relativizzati sulla base di presunti "valori tradizionali" dei singoli Paesi.
La decisione è il frutto di un discusso emendamento della Russia, approvato del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, dal titolo "Promuovere i diritti umani e le libertà fondamentali attraverso una migliore comprensione dei valori tradizionali dell'umanità".
Il documento, redatto nel giugno del 2011 dai leader religiosi delle comunità tradizionali d'Europa, prevede che i diritti umani debbano essere interpretati sulla base delle tradizioni culturali dei singoli Paesi.
Se, dunque, uno stato non vede di buon occhio l'omosessualità, nessuno potrà più dirgli nulla se deciderà di perseguitare i gay.
I continui riferimenti alla famiglia lasciano pochi dubbi sul fatto che la comunità omosessuale sia l'obiettivo principale della norma. Dopo l'entrata in vigore delle varie leggi anti-gay russe, in più occasioni internazionali in Cremlino non ha perso occasione per manifestare la sua omofobia (giusto pochi giorni fa, la Russia aveva posto il proprio veto anche per impedire che i ministri delle politiche giovanili del Consiglio d'Europa potessero promulgare un documento a sostegno delle minoranze sessuali). Ora che la norma è vigente, paiono anche inutili i ricorsi che la comunità lgbt russa ha presentato alle Nazioni Unite, ormai resasi inerme davanti alle decisioni nazionali.
Numericamente parlando, la risoluzione è stata adottata con 25 voti a favore, 15 contrari e 7 astensioni. A favore si sono espressi Angola, Bangladesh, Burkina Faso, Camerun, Cina, Congo, Cuba, Gibuti, Ecuador, India, Indonesia, Giordania, Kuwait, Kirghizistan, Libia, Malesia, Maldive, Mauritania, Filippine, Qatar, Russia, Arabia Saudita, Senegal, Thailandia e Uganda. Hanno espresso voto contrario Austria, Belgio, Botswana, Costa Rica, Repubblica Ceca, Ungheria, Italia, Mauritius, Messico, Norvegia, Polonia, Romania, Spagna, Svizzera e Stati Uniti. Gli astenuti, infine, sono stati Cile, Benin, Guetemala, Nigeria, Perù, Moldavia e Uruguay.


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