Il presidente ugandese contro la norma anti-gay


Se Rebecca Kadaga, presidente del parlamento ugandese, aveva annunciato come «un regalo di Natale» l'approvazione delle nuove norme anti-gay nel Paese, la sua promessa è destinata a finire con un nulla di fatto, almeno per il momento. L'attività del parlamento, infatti, è stata sospesa per le vacanze natalizie senza che la votazione abbia ancora avuto luogo.
Ma non solo. Se in molti hanno intravisto come un ostacolo la benedizione impartita dal papa a Rebecca Kadaga (con il rischio che potesse essere strumentalizzata per vantare un appoggio vaticano alla norma), è ora entrato in scena anche il presidente ugandese, Yoweri Museveni.
Sino ad oggi l'uomo aveva attentamente evitato di pronunciandosi a favore o contro il disegno di legge, ma ora ha deciso di rompere il suo silenzio affermando: «Se ci fosse qualche omosessuale, non dovremmo ucciderli o perseguitarli, ma non ci dovrebbe essere la promozione dell'omosessualità».
Il presidente ha anche raccontato di aver conosciuto dei re e dai capi omosessuali, ritenendo saggia la loro decisione di avere i loro rapporti gay in segreto. Ed è proprio in quel "tener segreto" il proprio orientamento sessuale che Museveni intravede la chiave del suo intervento: «Non possiamo accettare promozione dell'omosessualità come se fosse una buona cosa».
Anche se verrebbe automatico obiettare che vivere la propria sessualità non significhi promuoverla (chi incontra per strada un gay dichiarato, di certo non lo diviene automaticamente per contatto), quello che appare come una sorta di «Don't ask, don't tell» pare sicuramente un passo in avanti di fronte ad una proposta di legge che prevedeva l'ergastolo (ed in prima stesura anche la pena di morte) per chiunque fosse accusato di omosessualità (o anche solo di avere "intenzioni omosessuali" nei confronti di qualcun altro).
Ora bisognerà attendere la riapertura dei lavori parlamentari per scoprire quali effetti avranno le parole presidenziali sull'iter della proposta di legge.
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