Morto o non morti, Il Giornale ribadisce il suo fermo «no» ad una legge contro l'omofobia


«Una fucina di illusione non serve a migliorare il costume, ma peggiora il diritto. Non è ipotizzabile, per esemplificare, che l'adolescente di Roma potesse avere un destino meno triste qualora le auspicate nuove regole sull'omofobia fossero state in vigore. Figuriamoci». Così Vittorio feltri, dalle pagine de Il Giornale, torna ad occuparsi del caso del giovane suicidatosi di Roma e a sostenere che una legge contro l'omofobia non sia una risposta. Il direttore pare non aver dubbi: «C'è un solo modo per estirpare del tutto, o almeno quasi del tutto, la malapianta che alimenta il disprezzo del branco verso la «pecora nera» o quella che tale è considerata: mobilitare non il legislatore, ma gli educatori, la famiglia in primis. La questione infatti non è giuridica bensì culturale».
Il discorso potrebbe anche avere un senso se a pronunciarlo fosse stato un marziano: pare strano, infatti, che Feltri si mostri quasi ignaro dei discorsi pronunciati alla Camera dei Deputati. Nel momento stesso in cui le obiezioni e le perplessità alla norma sono tutte finalizzate a sostenere che l'omofobia non sia un'emergenza, che i gay italiani sono trattati fin troppo bene e nel chiedere garanzie sul fatto che gli insegnanti cattolici possano continuare ad andare nelle scuole ad insegnare che le unioni fra persone dello stesso sesso non hanno pari dignità di quelle eterosessuali, allora c'è da chiedersi da dove dovrebbe giungere la tanta auspicata rivoluzione culturale.
Una legge contro l'omofobia avrebbe forse potuto far poco nel caso specifico (ancor più in una forma così blanda come quella che si sta discutendo), ma avrebbe finalmente sancito che i gay sono persone degne di rispetto e tutele dinnanzi allo stato. Una parte del mondo cattolico non perde occasione per sostenere che i gay che non rinunciano alla propria natura siano da rintenerirsi "peccatori" ed uno stato che ha paura ad andare contro questa visione non può far altro che legittimarla. Tant'è vero che dalla stessa aula sono emersi dubbi sul fatto che la Chiesa tema un'associazione fra l'omosessualità (da loro condannata) all'etnia (ormai universalmente riconosciuta come naturale) nel timore che che questo avrebbe potuto rendere più difficile continuare a sostenere l'inattualità di un fenomeno naturale.
In fin dei conti, proprio ieri sulle pagine del giornale diretto da Feltri, Luca Doninelli (in un articolo intitolato "Non usate i morti per invocare le leggi pro gay") auspicava «una legge che non persegua reati d'opinione inesistenti e che consenta l'espressione di punti di vista diversi sulla natura e il destino dell'uomo». Insomma, ancora una volta si chiedeva un legge non interferisse con la cultura, tornando poi a sostiene che tali norme siano inutili perché inefficaci sul piano culturale: l'impressione è di un circolo vizioso finalizzato solo all'immobilismo.
Non va dimenticato, infatti, che fra le "opinioni" che tanto si vogliono difendere non mancano anche veri e proprie istigazioni alla violenza e all'ignoranza: ad esempio monsignor Babini dichiarò la propria compressione a chi picchia i gay o Scilipoti arrivò a sostenere che l'omosessualità sia una patologia. Siamo proprio sicuri che l'omofobia sia un problema culturale che nasce dal nulla e che non ha responsabili nella società odierna?
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