Barilla, un caso senza fine


Il "Caso Barilla" contiene a tener banco. Mina -storica testimonial dei loro spot- ha dichiarato: «Su questa storiaccia è stato detto tutto. Nella mia mente malata ho fatto un collegamento. Certamente vi ricordate il discorso di Kennedy in Germania. Diceva: "Ich bin ein Berliner" (sono un berlinese). Bene. Per quanto mi riguarda, l'unico solido commento che posso fare è: "Io sono omosessuale"». Ed ancora, a nome dell'azienda, Luca Barilla ha preso le distanze dalle affermazioni del fratello maggiore, mentre Mariella Gramaglia (La Stampa) parla invece di «polemica che supera il buonsenso» e predice una sconfitta per ko di tutta la comunità lgbt internazionale. Il Giornale, invece, preferisce dare colpe politiche: «Un'altra polemica inutile -srive- Parole e parole al vento. Un polverone che, una volta in più, si alza per colpa della zarina di Montecitorio, la presidentessa vendoliana Laura Boldrini».
Ma al di là delle singole posizioni personali, una riflessione più ampia andrebbe fatta.

Eravamo a cavallo tra gli anni '80 e '90 quando Inghilterra ed Italia indissero contemporaneamente uno sciopero dei consumi contro il rincaro sproporzionato dei prezzi della carne. Gli inglesi aderirono in blocco e -dopo una settimana di astensione- il prezzo diminuì. Gli italiani si ritrovarono dinnanzi a telegiornali che mostravano a circuito continuo le immagini degli acquirenti dissidenti che riempivano i supermercati («Sa, non posso mica far mancare una belle bistecca in tavola...», dicevano donne con i carrelli trasbordanti di carne) e l'azione fallì miseramente lasciando la situazione invariata. Insomma, fu chiaro a tutti che gli italiani sono un popolo che non costituisce un rischio dato che in molti si limitano all'invettiva (o, volendo ripescare le parole di Guido Barilla, che si lamenta «senza disturbare»).
Prendiamo come esempio il programma radiofonico da cui il tutto è partito: solo pochi giorni prima Piero Longo (Pdl) fece affermazioni assai più gravi, raccontando tranquillamente di prendere lo stipendio anche se in Parlamento non ci va mai. Sarebbe interessante sapere quante persone si sentirebbero libere di dire al proprio datore di lavoro (nel suo caso, i cittadini) che si vuol percepire lo stipendio anche senza andare in ufficio, dato che lo si considera una perdita di tempo... eppure lui l'ha fatto e non è successo nulla. C'è chi si è indignato, chi si sarà lamentato ma nessuno ha toccato il suo stipendio o i suoi interessi.
Ecco, dunque, qual è la novità del "Caso Barilla": per la prima volta il rischio di conseguenze tangibili agli interessi economici forti rischia diventare reale. Va detto che, dopo l'entusiasmo iniziale, alcuni giornali hanno iniziato a cambiare opinione (accusando i gay di inutile vittimismo) ma la consueta azione sui media italiani per ridimensionare la questione e scongiurare il rischio che le parole potessero diventare fatti questa volta rischia di non essere sufficiente: il caso è ormai esploso a livello internazionale (e sappiamo bene che all'estero c'è chi è assai più propenso ad aderire con maggior passione ai vari boicottaggi, ndr).

Una dimostrazione di come forse le scuse di Guido Barilla non fossero rivolte prettamente al mercato italiano ci giungono anche da un sondaggio condotto su Forebase: alla domanda «Dopo le polemiche sui gay, tu mangerai ancora pasta Barilla?», la quasi totalità ha risposto di non essere disposto a cambiare le proprie abitudini. Anzi, fra i commenti, emerge tutta l'omofobia dell'uomo comune italiano. Francesco dice: «Non vedo perché non dovrei, ognuno è libero di gestire la propria azienda come meglio crede». Dicearco rilancia: «Aumenterò i consumi e mi farò promotore verso altri», così come Franco («Come e più di prima») e Marco («Ne consumerò ancora di più»). Paolo è ancor più esplicito: «Difendiamo la vera famiglia: padre + madre + figli... non andiamo contro natura. È quello che insegno ed insegnerò ai miei figli. Diciamo ciò che pensiamo e smettiamola di dare corda a questi contronatura». Ed ancora, Filippo sostiene che «Inizierò ad acquistarla anche se costa di più... solo se non mette un gay a servire la famiglia a tavola nello spot». Giuliana dice che ne consumerà «razione doppia» e parla di «paradosso di condannare chi esprime un'opinione», così come anche Aldo parla di «libero pensiero».
Insomma, l'Italia più bigotta è già pronta a far quadrato dinnanzi alle «opinioni» (così come la stessa Camera le ha definite) di chi si è offerto di legittimare le proprie paure e la propria ignoranza (tant'è che è difficile non osservare come i termini scelti siano spesso quelli suggeriti dalla destra o dalla Chiesa Cattolica, quasi fossero da ripetere pappagallo).
Saranno loro a far paura o saranno i cittadini di quei Paesi il cui il rispetto di ogni orientamento sessuale non è in discussione? O forse la rabbia è riversata sui gay italiani solo perché hanno osato rilanciare la notizia all'estero al posto di tenere tutto in casa? In fin dei conti perché la dignità individuale dovrebbe avere il sopravvento sugli interessi di un'azienda al 45% nelle mani di una società svizzera nel cui consiglio d'amministrazione siede Walter Wurth (uno dei più grandi produttori e commercianti di armi pesanti al mondo, tra cui anche carri armati e lanciafiamme)?
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