Sochi 2014: tra abusi, corruzione e diritti calpestati


Le olimpiadi di Sochi sono ormai imminenti (si terranno tra il 7 e il 23 febbraio 2014) ma la loro storia appare indelebilmente macchiata da una lunga lista di scandali. La comunità internazionale non ha mancato di condannare le leggi anti-gay approvate lo scorso giugno dal Cremlino, così come la repressione della comunità lgbt russa che sarà mantenuta anche durante i Giochi. È questo il motivo per cui Hollande ha già annunciato che non sarò presente, così come forse non lo saranno neppure la Merkel e Cameron. E se Letta è uno dei pochi leader europei ad aver già confermato la propria partecipazione, Obama non solo ha declinato l'invito, ma in sua rappresentanza manderà due atleti gay (la cerimonia di apertura sarà presenziata da Billie Jean King, tennista oggi 70enne che fu tra le prime a fare coming out, mentre a quella di chiusura parteciperà Caitlin Cahow, difensore della nazionale femminile di hockey su ghiaccio e attivista per i diritti gay).
Ma non solo. Oltre ai diritti calpestati di gay e lesbiche, l'intero cantiere delle Olimpiadi viene giudicato un enorme abuso ai danni della stessa popolazione russa. La denuncia arriva dal film israeliano "Putin's Games" nel quale si sottolinea come queste saranno le Olimpiadi più costose della storia. E se ci si domanda perché in una terra così fredda si sia scelto di far disputare le gare nell'unica area sub-tropicale in cui non è presente neve, si stima che circa il 50% degli investimenti pubblici siano finiti in tangenti e corruzione.
La città -sino ad oggi meta turistica- è stata cementificata con la conseguente creazione di immense discariche nell'area circostante, con il rischio tangibile di un enorme danno ambientale qualora quai rifiuti indiscriminati dovessero contaminare le falde acquifere sottostanti. «È una situazione catastrofica -ha dichiarato Konstantin Tsybko, presidente della società di conservazione naturale- è assolutamente impossibile vivere nel raggio di due chilometri da quelle discariche, ma quelle sono aree storicamente abitate». E proprio sfratti forzati sono un'altra problematica portata alla luce dal documentario, con famiglie che si sono viste privare di un tetto con la promessa di una nuova casa mai arrivata. «Le Olimpiadi sono un disastro -afferma Roman Rebenko, uno degli sfollati- prima vivevamo a casa nostra e non avevamo bisogno di nulla dal governo o dalle autorità. Non ho mai chiesto niente a nessuno, ma ora la mia vita e quella della mia famiglia sono completamente rovinate».
Alcuni funzionari russi hanno cercato di bloccare l'uscita del film proponendosi di acquistarlo ed anche il Comitato Olimpico Internazionale pare abbia manifestato la propria ira contro la produzione, impedendo categoricamente l'utilizzo di materiale d'archivio o l'uso della parola "olimpico" nel titolo.
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