La Stampa di Torino prende le difende delle Sentinelle in piedi: «provocati e diffamati» dai gay


Se la comunità lgbt può aver fatto l'abitudine a subire indulti quotidiani da parte di testate come Tempi, lascia senza parole il vedere testate prestigiose come La Stampa pronti a prendere le difese delle Sentinelle in piedi.
In un articolo di Marco Tosatti pubblicato sul quotidiano torinese, infatti, le Sentinelle in Piedi vengono presentate come «un gruppo aconfessionale, apolitico e apartitico, che da mesi manifestano per un'ora, in silenzio, in piedi, in più di cento piazze italiane, contro l'approvazione del Disegno di Legge Scalfarotto sull'omofobia, che ritengono possa portare a una grave limitazione della libertà di pensiero e di espressione». E proprio loro vengono descritte anche come le vittime di un'ingiuriosa offesa da parte di una fotografia scattata ad un manifestante del Roma Pride, descritto dal quotidiano come «un signore nudo sulla cui schiena era scritto "Sentinelle in..." e una serie di frecce indicavano il luogo, per altro intuibile, consigliato alle Sentinelle».
Secondo l'articolo, «l'episodio della fotografia si collega a episodi di aggressione e disturbo di cui sono state vittima le Sentinelle nelle settimane passate, a Bergamo, Trento e Lecce, da parte di attivisti lgbt che provocavano e diffamavano; nonostante le Sentinelle affermino "di essere in amicizia con gli omosessuali, molti dei quali sono con noi in questa battaglia di civiltà"».
L'immagine in questione era stata pubblicata sulla pagina ufficiale delle Sentinelle in piedi, con il solito parallelismo fra loro (i bravi) e i gay (quelli da condannare) ma Facebook ha deciso di rimuoverla. Da qui la necessità di riportare la posizione delle Sentinelle, pronte a sostenere che «Oltre al danno la beffa, invece di bloccare le pagine del Gaypride si è deciso di colpire chi è stato danneggiato. La domanda è che cosa sarebbe accaduto se qualcuno di noi avesse insultato i variopinti manifestanti romani». Una domanda forse retorica dato che le offese e gli insulti che riservano quotidianamente ai gay attraverso i loro proclami e la loro pagina Facebook...
Da notare è come l'articolo non citi mai alcuna opinione della controparte, preferendo ignorare anche il racconto dei fatti di Lecce fornito dalle associazioni lgbt (per quanto riguarda Bergamo e Trento, le sentinelle parlano di «segnalazioni di violenze» anche se neppure loro sono in grado di dire a cosa si riferiscano). Allo stesso modo ci si sente nel diritto di condannare 160mila persone per il gesto di una di loro, attribuendo a quell'unico messaggio una condanna alla dignità di tutte quei manifestanti scesi in piazza per chiedere uguali diritti.
Da qui un appello a Mario Calabresi, direttore della testata, perché rettifichi immediatamente quell'articolo diffamatorio o, quantomeno, ne dia spiegazione. Perché tutti noi vorremmo sapere com'è possibile definire «aconfessionale, apolitico e apartitico» un gruppo cattolico vicino all'estrema destra o i motivi per cui la stampa di manifesti ingiuriosi sarebbero da ritenersi solo gesti «pacifici» di chi rimane in silenzio. Qualora avanzasse tempo, farebbe piacere anche sapere chi sono quei «molti omosessuali» che stanno dalla loro parte (gli homovox francesi non valgono e neppure i siti con le dubbie testimonianze dei presunti gay divenuti etero grazie alla fede cattolica) o sapere in che modo l'estensione della Legge Mancino porterebbe a limitare il loro diritto di opinione.
Nel loro vittimismo, infatti, l'unica cosa che appare chiara è l'avere due pesi e due misure per tutto, come nel caso di chi si è stracciato le vesti per il boicottaggio verso Barilla ma che non si fa problemi a lanciare il boicottaggio di Vitasnella perché sponsor del Roma Pride (già, perché l'articolo si è dimenticato di ricordare come nelle loro menti la libertà valga solo per chi sostiene le loro tesi e non certo per tutti).

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