Trieste: mozione chiede al Ministero una presa di pozione sul far west delle trascrizioni delle nozze gay


«Il primo luglio ho depositato, chiedendo la sottoscrizione a tutti i consiglieri comunali, una mozione per chiedere al Sindaco di consentire la trascrizione all'anagrafe dell'atto di matrimonio contratto all'estero tra persone dello stesso sesso». È quanto scritto sul Blog di Beppe Grillo da Paolo Menis, capogruppo del Movimento 5 Stelle al Consiglio Comunale di Trieste. La proposta è giunta dopo che una coppia triestina ha chiesto questo atto al sindaco Cosolin.
Nel documento viene citata la sentenza del Tribunale di Grosseto, la sentenza della Corte Costituzionale n.138 del 2010 e la sentenza europea nel caso fra Schalk e Kopf contro l'Austria, tutte volte a sostenere la necessità di garantire la vita famigliare anche alle coppie gay.
Ed è proprio partendo da quegli assunti che la mozione suggerisce al sindaco di rivolgersi al ministero dell'Interno «per chiedere quale contegno debba adottare il Comune di Trieste in caso di richiesta di trascrizione di matrimonio tra persone dello stesso sesso». Vien da sé che se il la richiesta sarà effettuata e se il Ministero deciderà di non ignorare la sentenza di Perugia, sarà poi difficile per i comuni appellarsi a presunti problemi legali nell'accogliere simili richieste.
«Le richieste di trascrizione del matrimonio contratto all'estero da persone dello stesso sesso sottolineano sempre più frequentemente la mancanza in Italia del rispetto del fondamentale diritto umano alla vita familiare -afferma l'associazione radicale Certi diritti- in alcuni casi tale situazione viola anche il diritto alla libera circolazione dei cittadini europei». Ed è proprio quell'associazione ad aver suggerito la mozione al M5S in modo da «mettere ognuno davanti alle proprie responsabilità: il Comune di Trieste, che deve prendere una posizione politica chiara e fare pressioni in questo senso sul governo e il Ministero dell'Interno che deve ritirare la circolare Amato del 2007, già considerata sbagliata e inapplicabile dalla Corte di Cassazione».
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