Terapie riparative: in gran parte degli Usa prevale la scelta di non scegliere e il divieto viene rimandato


Negli Stati Uniti si sta combattendo una battaglia contro l'applicazione di fantomatiche terapie riparative sui minori. La scienza ufficiale non ha dubbi sui danni psicologici ed emotivi che la colpevolizzandone inflitta da sedicenti terapeuti provoca nelle proprie vittime.
Nel 2013 la maggior società statunitense che sottoponeva i propri pazienti alle fantomatiche cure ha chiuso i battenti ed ha vuotato il sacco sull'inefficacia dei loro trattamenti e recentemente nove ex-leader di tali pratiche hanno testimoniato davanti ai giudici come le loro azioni fossero mosse esclusivamente da motivazioni religiose senza alcun beneficio sui pazienti... ma sappiamo tutti come il mercato stimato da tali torture si aggiri intorno ai 2 miliardi di dollari all'anno. Un gruzzoletto a cui ben poche congregazioni religiose appaiono pronte a rinunciare.
Ed è così che il mondo cristiano ha lanciato la sua controffensiva, sostenendo che «non si può pretendere la parità per alcuni omosessuali negando i diritti di altre persone attratti da individui dello stesso sesso lasciare uno stile di vita che trovano insoddisfacente». Vien da sé che nell'opporsi alla norma si intende permettere l'attuazione di tali pratiche su minori non consenzienti sulla base di orientamenti sessuali che appaiono insoddisfacenti ai loro genitori.
Una certa stampa cristiana riporta anche le testimonianze che presunti ex-gay starebbero portando in tribunale per sostenere che la loro vita sia «stata salvata» dai terapeuti. Certo che nel leggere motivazioni del tipo «Grazie agli psicologi mi sono accorta che Dio non mi voleva lesbica ma mi voleva una donna eterosessuale» si ha l'impressione che ad essere portato in aula sia stato solo il fanatismo religioso e l'autolesionismo. Eppure in Virginia, Illinois, Maryland, Minnesota, New York, Washington, Ohio, Florida, Wisconsin, Hawaii e Rhode Island, tali motivazioni sono state ritenute lecita per rimandare la decisione e affossare gli attuali progetti di legge.
«I gay non possono parlare per gli ex-gay» dicono i cristiani che difendono tali terapie sui minori, ma curiosamente al momento pare che nessuna corte abbia ancora voluto ascoltare le testimonianze di quelli che vengono comunemente chiamati «sopravvissuti alle terapie», ossia ragazzi che sono stati sottoposti a pericolose pratiche che gli hanno causato traumi permanenti che li seguiranno a vita.
L'impressione è che ci sostiene di voler vietare i matrimoni gay per «difendere i bambini» non abbia alcuna remora ad utilizzare i bambini gay come cavia da laboratorio al solo fine di legittimare le proprie discriminazioni (a partire dal considerare l'omosessualità «uno stile di vita» coscientemente scelto da milioni di persone desiderose di complicarsi la vita in una società omofoba). Ma a fare impressione è soprattutto vedere come le loro vittime siano esibite in tribunale come un trofeo...

Nel 1993 l'American Academy of Pediatrics ha definbito tale pratiche «controindicate, perché possono provocare senso di colpa e ansietà avendo poco o nessun potenziale per realizzare cambiamenti di orientamento» Nel 1998 l'American Psychiatric Association ha ribadito che «l'omosessualità non è una malattia mentale e non vi è alcuna ragione scientifica per tentare la conversione di lesbiche o omosessuali», sottolineando come tali pratiche »provengono da organizzazioni con un punto di vista ideologico sull'omosessualità, piuttosto che da ricercatori di salute mentale, i trattamenti ed i loro risultati non sono ben documentati e il periodo di tempo in cui i clienti sono seguiti dopo il trattamento è troppo breve».
Nel 1996 la National Association of Social Workers ha parlato di «dannosità» così come nel 1997 l'American Psychiatric Association ha direttamente screditato gli studi di Joseph Nicolosi e del Narth (a cui si ispirano tutt'oggi le terapie tanto sostenute dai cristiani) ed ha imposto agli psicologi di non partecipare o tollerare «ingiuste pratiche discriminatorie».
L'anno successivo l'American Psychiatric Association torna a sottolineare «i grandi rischi potenziali della terapie riparative (depressione, ansia e comportamento autodistruttivo)» così come anche l'American Counseling Association adotta una posizione contraria. Nel 2000 il consiglio di amministrazione dell'Associazione Nazionale americana degli Assistenti Sociali adotta una risoluzione che dice: «L'aumento delle campagne mediatiche, spesso accoppiato con messaggi coercitive da familiari e membri della comunità, ha creato un ambiente in cui lesbiche e gay sono spesso spinti a cercare terapie riparative o di conversione, che non possono e non cambieranno il loro orientamento sessuale».
Nel 2009 il Royal College of Psychiatrists inglese dichiara di condividere «sia le preoccupazioni dell'American Psychiatric Association che dell'American Psychological Association» sulla non scientificità dei contributi terapeuti del Narth e sui pericoli delle terapie riparative su pazienti omosessuali.
A 21 anni di distanza è assurdo vedere che i governi possano chiedere ancora tempo per ascoltare le ragioni di chi porta in tribunale giudizi morali o presunte volontà divine nella cura di ciò che hanno deciso di propagandare come «peccato». Soprattutto visto come da 21 anni non sia stata prodotta una sola prova che vada al di là del mero giudizio morale o all'esibizione di persone che ssonos tate spinte a rifiutare il proprio orientamento sessuale.
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