Nel Nordest è allarme maltrattamenti in famiglia dopo il coming out degli adolescenti gay

«Non è accettabile che nel 2014 si debba ancora parlare di questo tema. È grave che una famiglia non possa accettare la sessualità del proprio figlio o figlia e troviamo altrettanto scandaloso che le istituzioni non agiscano per promuovere una campagna di sensibilizzazione contro questo delicato tema. Solo l'Ulss 10 ha stilata una bozza di un protocollo contro l'omofobia. Lanciamo l'ennesimo appello alle istituzioni per aprire un tavolo di confronto per prevenire eventuali tragedie».
È questo l'appello lanciato dall'associazione LGBTE Veneto Orientale a fronte delle statistiche che segnalano un aumento dei casi di rifiuto dinnanzi al coming out dei figli. «Purtroppo chi fa coming out rischia spesso di essere deriso e ingiuriato anche tra le mura domestiche».
Solamente nelle ultime sei settimane sono emersi ben otto casi di maltrattamento all'interno della propria famiglia dopo un coming out. Una vera e propria violenza spesso legittimata (se non proprio istigata) da vari gruppi religiosi e politici, ormai sempre più impegnati in una campagna discriminatoria nei confronti dell'omosessualità al punto da sostenere che reazioni negative e violente possano essere ritenute «legittime opinioni».
Valentina Piazzol, appartenente al gruppo dell'avvocatura per i diritti lgbt, ci tiene a precisare come l'assenza di una specifica legge contro l'omofobia non significhi che violenze e maltrattamenti non possano essere perseguiti: «Il fatto che non esista una figura penale da contestare a chi commetta reati caratterizzati dall'odio legato all'orientamento sessuale non viene trascurato dai giudici italiani i quali, nel corso del tempo, hanno dimostrato una sensibilità sempre più intensa ai casi di cui stiamo parlando. Giusto per citare un esempio, la Cassazione penale ha ritenuto che apostrofare una persona come "frocio" o "recchione" (indipendentemente dalla effettiva omosessualità della vittima) potrebbe configurare gli estremi del reato di diffamazione o di ingiuria poiché si è ravvisato in espressioni simili un chiaro intento di derisione e scherno da parte di chi le pronuncia».

Via: Venezia Today


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