Tempi: Se ci saranno azioni di contrasto all'omofobia, i genitori dovranno ritirare i figli da scuola


La rivista cattolica Tempi l'ha ripetuto sino alla nausea: secondo loro l'omofobia è un'opinione e i genitori devono essere liberi di poter educare alla discriminazione i loro figli. Si sostiene anche che l'educazione non sia un compito delle scuole ma delle famiglie, motivo per cui lo stato non deve mettere becco nel garantire pari dignità ed opportunità a tutti.
Per "argomentare" tale tesi, la rivista si è certo sottratto a cercare di alimentare una paura incontrollata, così come accaduto nel novembre del 2013 quando un suo articolo denunciò l'operato di un preside transessuale del Marylan che avrebbe imposto agli studenti l'uso di abiti del genere opposto. A lui viene attribuita anche l'affermazione: «Non mi fermerò finché non uscirà allo scoperto l'omosessualità in tutte le famiglie».
Oggi quella notizia appare sulle loro pagine come un semplice trafiletto (con tanto di una nota che precisa come «la notizia risulta poco credibile») ma ai tempi venne lanciata con un'enfasi enorme: 415 parole per un totale di ben 2.782 caratteri volte a rilanciare presunte interviste a genitori preoccupati per gli effetti: «Mio figlio si comporta in maniera molto strana da quel giorno -dice un virgolettato riportato dal giornale- Mi ha anche chiesto di usare il mio rossetto prima di andare a scuola. Non è giusto». La fonte citata era un giornale satirico (al pari di Lercio.it, giusto per rendere l'idea) che alla fine si dichiarò sbigottito nell'aver osservato come vari siti anti-gay avessero diffuso la notizia come se potesse essere vera.
Qualcuno provò a farlo notare a Tempi, ma fra i commenti non mancarono volti noti pronti a confermare la veridicità della notizia, spingendosi sino a sostenere di conoscere con esattezza quale fosse la scuola coinvolta (che non poteva certo essere quella indicata, dato che qualcuno aveva già notato come fosse del tutto inesistente). Alla fine non ci fu alcuna smentita, ma si preferì una riformulazione dell'articolo in cui si lasciava intendere che non si fosse del tutto certi che la notizia non fosse vera... il titolo invariato avrebbe anche permesso a molti lettori di non accorgersene neppure, motivo per cui avrebbero continuato a perdere il sonno all'idea di come un'educazione alla diversità avrebbe portato i loro figli a voler usare il rossetto della madre. Tempi, infatti, aveva fatto una grande attenzione ad attribuire i termini della sua propaganda alle finte parole della finta preside, sostenendo che quella donna mai esistita avesse sottolineato come «il pensiero liberal progressista ora domina, permettendo a quanti di noi sono inseriti nel sistema educativo di rieducare».
Giusto per la cronaca, sabato scorso la notizia veniva ancora presentata come reale su alcune pagine omofobe di Facebook, le quali provvedevano addirittura a proporre presunte foto dell'evento prese chissà dove. Insomma, una chiara testimonianza di come ci si appelli a qualunque fandogna pur di alimentare l'odio.

Ed è in questo clima di paura autogenerata che la rivista cattolica punta il dito contro tutto e tutti. Dice che il Comune di Roma patrocina «la diffusione della controversa teoria gender» (definita «controversa» e «teoria» solo per rafforzare la propria visione), che Amnesty International vuole «spiegare agli alunni come si fa a diventare dei veri e propri attivisti dei diritti lgbt» e che l'Unar vuole «tagliare fuori dai tavoli decisionali i genitori». Insomma, tutti sono nemici. Tutti sono cattivi. Forza Nuova è il bene, Amnesty il male.
Sia arriva persino a parlare della «gravità di quanto accaduto l'anno passato con insegnamenti pro gender persino negli asili»... chiunque abbia seguito le vicende sa bene come l'unica gravità sia stata nell'affossamento di qualunque strategia di contrasto al bullismo omofobico sulla base di una semplice richiesta avanzata da Bagnasco.
In un recente articolo Tempi ha chiamato a testimoniare Roberto Gontero, presidente dell'Associazione genitori scuole cattoliche, pronto a sostenere che l'obiettivo dello stato sia l'imposizione di «una visione unilaterale e pericolosa per i ragazzi [...] Andando a verificare i contenuti dei progetti "per l’inclusione", "contro gli stereotipi" o "contro l'omofobia" ci si accorge dell'intento di far digerire una visione sovversiva, spiegando loro che purtroppo sono stati costretti a guardare la realtà con dei limiti imposti dalla cultura, quella che da quando è nato il mondo riconosce la famiglia come dato naturale per cui un uomo e una donna si uniscono e fanno figli».
Il ragionamento pare semplice: dato che io voglio appellarmi agli stereotipi e ai condizionamenti culturali, io esigo che questi vengano insegnati ai miei figli... e naturalmente non me ne frega assolutamente nulla se questo poterà delle persone ad essere emarginate o a vedersi negato il proprio diritto all'esistenza e alla felicità.
Ma non solo. A testimonianza di una paura infondata basata su notizie false e tendenziose diffuse da una certa stampa, Gontero rincara la dose sostenendo che in nome dell'educazione sessuale l'«Oms diceva che persino al bambino di quattro anni non devono essere negati la masturbazione e il piacere sessuale».
Anche in questo caso basta effettuare una semplice ricerca su Google per notare come a dare la notizia in questi termini siano stati solo siti cattolici, di estrema destra ed anti-gay. Un dubbio sull'affidabilità della notizia dovrebbe venire... ed infatti basta leggere il documento originale (e non gli estratti ideologizzati) per notare che si parla di educazione sessuale nel senso più ampio del termine, sostenendo debba essere «adeguata all'età ed allo sviluppo». L'esempio riportato è che se se un bimbo di 4 anni chiede come nascano i bambini, la risposta dovrebbe essere: «dalla pancia della mamma» e non «sei troppo piccolo per queste cose». Le uniche masturbazioni appaiono dunque quelle mentali da chi è riuscito a trovare delle dietrologie a fronte di concetti tanto semplici.
Riguardo ai corsi sulla diversità, Gontero aggiunge: «Quello che ci preoccupa è il tentativo di inserire questi corsi nel programma curriculare, lasciando i genitori senza la possibilità di opporsi, costretti al massimo a ritirare i figli da scuola». Una posizione che, se estesa, porterebbe a dover sostenere che basterebbe la protesta di un solo genitore razzista per far sì che nelle scuole non si possa più dire ai ragazzi che non ci sono differenze fra bianchi o neri, ma imporrebbe il dover sostenere che la «teoria» dell'uguaglianza sia un tema «controverso» e non sarebbe sbagliato dire che una razza sia superiore all'altra. Insomma, pura follia!
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