Mario Adinolfi: «Io mi considero un testimone della verità e un combattente»


«Io mi considero un testimone della verità e un combattente». È questo l'assunto con cui Mario Adinolfi rivendica la sua auto-investitura a comandante di una battaglia ideologica contro i diritti altrui. Qualunque sociologo non avrebbe problemi nel sostenere che l'aumento dell'intolleranza possa essere dettato da una crisi che ha portato ad una diminuzione della qualità di vita, ma Adinolfi preferisce chiamare quell'intolleranza con il termine di «cristianesimo».
E se sostenere che l'incitamento all'odio sia la massima espressione del cristianesimi rappresenta una vera e propria offesa per migliaia di cristiani per bene (fortunatamente è solo una minoranza ad appellarsi a concetti così estremisti che per giunta non si seguono neppure, altrimenti non si capirebbe il secondo matrimonio di Adinolfi o il suo aver sorvolato sulle parole di Papa Francesco quando sotto accusa c'è il gioco d'azzardo di cui lui è stato fautore e promotore), appare un vero e proprio vilipendio al Capo dello Stato l'accento dato alla fede cattolica di un uomo chiamato a rappresentare una Repubblica laica come l'Italia.
Sulle pagine del suo giornale, Adinolfi pare infatti suggerire che la fede personale del nuovo Presidente della Repubblica possa servire ad imporre le sue ideologie, quasi come se il Presidente non fosse di tutti e non fosse tenuto a rendersi garante della Costituzione. «Mattarella è un presidente cristiano -scrive Adinolfi- e per noi combattenti, consci che il 2015 sarà l'anno decisivo della battaglia per la difesa della cultura della vita e della famiglia dalle iniziative parlamentari già in corso che puntano a varare le norme sulle unioni gay e sulla legittimazione dell'utero in affitto tramite la stepchild adoption, è decisivo avere un cristiano non all'acqua di rose al Quirinale».
Nell'occasione Adinolfi non manca di vantare come li diritti civili esistano «in tutta Europa, ma in Italia no» grazie all'opera di una vera e propria lobby cattolica. «Merito dei cristiani che resistono e, forse, anche dei tanti vituperati democristiani. Che hanno eletto un presidente cristiano alla presidenza della Repubblica. Chi non capisce che, nelle condizioni date, va ringraziato il Signore per questo miracolo semplicemente non è in battaglia».
Curioso che si sostenga la necessità di condurre «una battaglia» contro i diritti altrui, peraltro sostenendo che l'arbitro debba essere di parte. Ma in fondo la sua intera comunicazione pare aver svuotato le parole del loro significato, a fronte di chi chiede un garante di parte ed un cristianesimo intollerante, avvicinandosi a chi definisce «gaystapo» chi si appella ai giudici dinnanzi alla diffamazione (chi dovrebbe porre l'altra guancia dovrebbero essere i cristiani, non le loro vittime, ndr) o che definiscono «la meglio gioventù» un gruppo di estrema destra che ha cercato di interrompere l'assemblea capitolina per impedire un voto democratico sul registro delle unioni di fatto.
E questo senza addentrarsi nell'orrore delle immagini pubblicate sul suo profilo, nelle quali è possibile imbattersi anche in fotografie di bambini minorenni che -a suo dire- salirebbero sul palco per ringraziarlo di «proteggerlo» dai gay. Insomma, un vero indottrinamento ideologico e uno sfruttamento dei bambini al solo fine di promuovere la vendita del suo giornale (naturalmente dopo aver sostenuto che «la polizia è venuta a proteggere il nostro diritto a parlare», quasi come se il far credere ad un bambino che debba sentirsi minacciato dalla comunità lgbt sia un diritto e non una violenza).
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