Il World Congress of Families riesce a far proibire il Pride di Belgrado e parla di «vittoria»


Il gay pride di Belgrado è sempre stato problematico: le aggressioni ai manifestanti da parte degli trasformazionalisti ha portato il governo a dimostrare tutta la sua debolezza e a vietare l'evento per quattro anni consecutivi appellandosi a questioni di sicurezza. Poi lo scorso anno, nonostante le minacce di violenza lanciate dal patriarca ortodosso, circa 500 manifestanti hanno avuto il coraggio di tornare a rivendicare il loro diritto all'esistenza per le strade cittadine. Per impedire incidenti ci sono voluti ben 7.000 agenti in assetto anti sommossa.
Ora pare che anche quest'anno il governo sia nuovamente tornato a negare il permesso all'organizzazione, anche se la paternità di quel divieto viene rivendicato dal World Congress of Families, l'evento omofobo tenutosi al Cremlino la scorsa estate a cui hanno preso parte anche preti cattolici e movimenti anti-gay italiani.
In un comunicato stampa intitolato «Vittoria a Belgrado!» l'organizzazione afferma che «grazie agli sforzi eroici del gruppo pro-famiglia serba, la scorsa settimana si è deciso di non rilasciare un permesso per la parata del Gay Pride di Belgrado. Quando il governo sembrava pronto a cedere alle pressioni degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, i leader del movimento internazionale hanno fornito il supporto necessario per sostenere i valori della famiglia».
Insomma, senza neppure troppi giri di parole si sottolinea chiaramente come in ballo non ci sia tanto una fantomatica «difesa della famiglia» ma piuttosto un gioco politico in cui attraverso la paura si cerca di imporre la supremazia russa sull'Europa.
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