La vita di Adinolfi contraddice le sue stesse tesi


Non appena la Commissione giustizia del Senato ha approvato il testo base del ddl Cirinnà, Mario Adinolfi si è precipitato a lanciare un appello: «I cattolici della maggioranza aprano la crisi di governo». Poi ha aggiunto: «Sono estremamente contrario al ddl Cirinnà. Mi sembra un fatto preoccupante per il Paese, poiché equipara ciò che non è equiparabile e trasforma il falso in vero, perché non è vero che un bambino può avere due papà. In questo modo si introduce il matrimonio gay con un altro nome».
In passato anche: «A che serve spaccare il Pd su questioni non prioritarie? Renzi è contrario rispetto al matrimonio omosessuale, qualsiasi cosa approvi che non preveda la libertà d'adozione e la piena equiparazione ai diritti delle coppie etero sposate, sarà contestata dall'ala LGBT che indicherà sempre il modello francese e spagnolo. Non è una priorità, porta solo danni».

Ora fermiamoci un attimo e torniamo al 1974. La Democrazia Cristiana e la Chiesa Cattolica stavano conducendo una strenua battaglia contro la legalizzazione del divorzio. La strada che portò al referendum fu tutta in salita e costellata di personalità che continuavano a ripetere che quella non fosse «una priorità» per il Paese. L'immobilismo dettato dai dikat cattolici venne superato solo grazie alla «parlamentarizzazione» (un termine che invocava il rispetto scrupoloso della centralità del Parlamento nell'elaborazione e nell'approvazione delle leggi che sanciscono un diritto civile acquisito). Solo inq uel modo si riuscì a proporre agli italiani una norma non voluta dal Vaticano.
L'allora segretario della Dc, Amintore Fanfani, si presentò a Milano il 10 maggio per chiudere la sua campagna elettorale contro il divorzio. In quell'occasione sostenne che l'unione forzata delle coppie sarebbe stato nell'interesse dei bambini: «I figli non devono essere calpestati dal capriccio dei genitori», disse. Fece anche stampare dei manifesti su con lo slogan «Pensa a tuo figlio, contro il divorzio vota sì».
Sostenne addirittura anche che l'approvazione del divorzio avrebbe aperto la strada ai matrimoni gay ed ironizzò sul fatto che «Magari vostra moglie vi lascerà per scappare con qualche ragazzina».
Il 12 maggio 1974 si andò alle urne e il fonte laico segnò una grande vittoria.

Incredibile ma vero, gli slogan pronunciato nel 1974 appaiono i medesimi che oggi escono dalla bocca di Adinolfi. Eppure non è facile dimenticare come uno fra i principali oppositori alle nozze gay non si sia fatto alcun problema a godere di un diritto acquisito solo grazie a chi ha lottato contro persone come lui. Oggi Adinolfi chiede una crisi di governo che possa impedire il riconoscimento dei diritti delle persone lgbt, ma se negli anni '70 qualcuno avesse scelto quella strada, lui oggi non avrebbe mai potuto abbandonare moglie e figli per sposarsi in tuta da ginnastica a Las Vegas. La richiesta del fronte di cui oggi lui fa parte era chiaro: era necessario tutelare i bambini imponendo la convinzione forzata di coppie ormai scoppiate. Lui se n'è fregato e ha fatto ciò che più gli conveniva.

Vien da sé che sia facile voler negare i diritti altrui una volta ottenuto tutto ciò che faceva comodo a sé stesso. Ancor più se tale contraddizione è continua. Non a caso Adonolfi ha avviato una macchina del fango anche nei confronti del senatore Lo Giudice: insulta continuamente i suoi figli e chiede che ai piccoli sia negata ogni tutela giuridica da parte di uno dei due genitori. Una sentenza facile per chi ha ottenuto piena tutela per una figlia di secondo letto.
Se la coerenza non fosse un'optional, prima chieda che la sua bambina sia chiamata «bastarda» e che le le vangano negati tutti i diritti da parte del genitore che si è sposato dinnanzi a Dio con un'altra donna. Una volta che avrà perso ogni diritto di parlare con i professori della figlia, di assisterla in ospedale o di poter essere chiamato padre, allora potrà chiedere che una simile sorte possa toccare ad altri bambini.
Magari ottenendo anche che un qualche Adinolfi di turno chieda a gran voce che nelle scuole si vada da sua figlia spigarle che il padre è un poco di buono perché un uomo che è passato da un letto all'altro non è amato da Dio (in fondo è lui che pretende un trattamento simile nei confronti dei figli dei gay, ndr).

Adiinolfi sostiene anche che Lo Giudice sia favorevole al ddl Cirinnà solo perché intende «adottare il bambino figlio biologico del suo compagno». A dirlo è l'uomo che entrò in parlamento nel 2012 ed annunciò: «Chiederò la legalizzazione del poker live». In fondo a lui piace gioco d'azzardo e quindi la sua attività parlamentare doveva essere finalizzata a quello, ma se Lo Giudice si azzarda a sostenere una legge che possa garantire dei diritti ai figli che vivono in famiglie simili alla sua, allora non va più bene.
E non si dica che di mezzo c'è una qualche motivazione religiosa: a Manila il Papa fu lapidario contro il gioco d'azzardo, ma quelle parole non lo toccarono lontanamente.
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