Le rivendicazioni incostituzionali del Family Day


Il signor Sergio Angori è stato uno dei "testimoni" chiamati sul palco del family day da Gandolfini per sostenere l'esistenza di fantomatici "corsi gender" nelle scuole italiane. L'uomo, padre di sette figli di cui tre sul palco insieme a lui, ha raccontato come un'insegnante abbia osato chiedere a sui figlio che male ci fosse dinnanzi a due gay che volevano sposarsi. Tralasciando come l'uomo abbia raccontato il tutto quasi si fosse trattato di un comizio, dice che «per grazia di Dio» il figlio gli ha raccontato tutto e lui, da genitore, ha detto alla scuola che lui non voleva assolutamente che suo figlio potesse dibattere temi simili dato che lui p certo che «noi non siamo affatto ingiusti. Noi non siamo contro nessuno, non siamo contro gli omosessuali. Non siamo omofobi. Ma a tutti i nostri figli diciamo che il matrimonio, da sempre così come l'ha voluto Dio, è solo uno ed uno solo: quello tra un uomo e una donna».
In realtà ha mentito al figlio dato che la storia contiene molteplici forme di famiglia, così come anche le culture nazionali portano a sviluppare forme famigliari dissimili tra loro (per non parlare di come i cristiani di duemila anni fa celebrassero matrimoni gay o di come la Bibbia preveda innumerevoli famiglie, comprese quelle in cui ci si sposa con le vittime dei propri stupri). Ma allo stesso modo è evidente come l'insegnante stesse semplicemente facendo il suo dovere nel suscitare un dibattito si temi di attualità in cui l'opposizione dovesse necessariamente portare con sé delle motivazioni. È compito della scuola, infatti, insegnare a sviluppare opinioni e pensieri personali che devono necessariamente essere argomentati. Anzi, è probabile persino che lo sprono dell'insegnante abbia portato molti di quei ragazzi di seconda media (che peraltro non si chiama così da anni) a dover trovare motivazioni migliori che una mera omofobia (rigorosamente negata) celata dietro il nome di Dio.

Eppure è questa una tra le rivendicazioni chiave del movimento omofobo italiano: sostengono che i i genitori debbano avere il diritto di decidere che cosa i figli debbano conoscere e cosa debbano ignorare pur di alimentare pregiudizi che i loro genitori vogliono inculcare loro. Un genitore omofobo deve poter insegnare l'omofobia e la mancanza di rispetto ai figli, possibilmente evitando che questi possa chiedere argomentazioni che spesso non esistono- Il tutto invocando il diritto costituzionale alla libertà di educazione dei figli.

Peccato che la libertà educativa della famiglia e la libertà di insegnamento dei docenti sia stata oggetto della sentenza 2656 emessa il 5 febbraio 2008 dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione a Sezioni. In quel caso la Provincia di Bolzano denunciò un'insegnante di una scuola elementare di Bronzolo sostenendo che la scuola non avesse il diritto di svolgere lezioni di educazione sessuale in classe senza il consenso dei genitori di un alunno contrari alla tematica trattata.
I giudici stabilirono che il diritto fondamentale dei genitori di provvedere all'educazione ed alla formazione dei figli deve trovare il necessario componimento con il principio di libertà dell'insegnamento dettato dall'articolo 33 della Costiztuione e con quello dell'obbligatorietà dell'istruzione inferiore affermato dall'articolo 34.
Sul punto, la Corte ha rilevato che il quadro costituzionale di riferimento pone con chiarezza, in relazione al processo formativo degli alunni della scuola pubblica, un’esigenza di bilanciamento e coordinamento tra i diritti e i doveri della famiglia e quelli della scuola, i quali peraltro trovano esplicazione nell'ambito dell’autonomia delle istituzioni scolastiche che l'articolo 21 Legge 15 marzo 1997, n. 59 inserisce nel processo di realizzazione dell'autonomia e della riorganizzazione dell'intero sistema formativo (primo comma) e che identifica nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale.
Pertanto, afferma la Corte, «è certamente ravvisabile un potere dell’amministrazione scolastica di svolgere la propria funzione istituzionale con scelte di programmi e di metodi didattici potenzialmente idonei ad interferire ed anche eventualmente a contrastare con gli indirizzi educativi adottati dalla famiglia e con le impostazioni culturali e le visioni politiche esistenti nel suo ambito, non solo nell'approccio alla materia sessuale, ma anche nell'insegnamento di specifiche discipline come la storia, la filosofia, l'educazione civica, le scienze. Ben può, quindi, verificarsi che sia legittimamente impartita nella scuola un'istruzione non pienamente corrispondente alla mentalità ed alle convinzioni dei genitori, senza che alle opzioni didattiche così assunte sia opponibile un diritto di veto dei singoli genitori».

È la Costituzione, dunque, ad affermare che un genitore non può impedire che la scuola rinunci a corsi che educhino al rispetto e alla parità dei generi, dato che ciò lederebbe sia diritti degli altri genitori e il supremo diritto del bambino ad avere tutte le informazioni necessarie a poter sviluppare un pensiero libero. La Costituzione, infatti, non garantisce solo diritti ma anche doveri in tema di educazione. Ed il diritto a non essere svantaggiati nella vita a causa della mentalità ristretta dei propri genitori non può essere calpestata nel nome dell'odio omofobo.
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