Libero torna a dare visibilità a Giorgio Ponte: «I Documenti di Repubblica sono falsi. Di Toilve è stato il più bel regalo alla mia famiglia»


Se era in cerca di popolarità, non c'è ombra di dubbio che Giorgio Ponte abbia raggiunto il suo scopo. Professore di religione in una scuola del milanese, ha passato mesi a lagnarsi si quanto fosse difficile auto-promuovere il romanzo che aveva scritto. Poi è andato su Tempi, ha detto di essere gay ma di ritenersi un malato mentale ingegno di qualsiasi diritto civile. In poche ore è diventato l'idolo dell'integralismo cattolico.
L'università Salesiana di Roma ha organizzato una presentazione in pompa magna del suo romanzetto (cosa che probabilmente mai sarebbe accaduta se Ponte non si fosse dichiarato un gay represso desideroso di impedire la felicità altrui per legge), così come forse il Corriere della Sera non gli avrebbe fatto curare alcune rubriche destinate ai visitatori dell'Expo.
In un mondo in cui l'integralismo cattolico si ostina a sostenere l'esistenza di una non meglio precisata «lobby gay», evidente è come ci siano delle lobby assai più reali capaci di finanziare chiunque voglia negare i diritti civili della comunità lgbt. Non a caso Ponte non si limita a dirsi felice nell'aver deciso di assecondare il volere vaticano e di scegliere di rimanere casto a vita, ma chiede che la sua scelta sia imposta per legge.

Tra i suoi sostenitori c'è anche Libero, sempre in prima fila nel dare visibilità a personaggi che sostengono di dover essere presi d'esempio per impedire due gay possano avere gli stessi diritti di due etero. Il tutto cogliendo l'occasione per sputare fango contro Repubblica per aver osato raccontare cosa avvenga nei "campi di riconversione" gestiti da Luca di Tolve.
Ed è così che l'articolo, firmato dallo stesso Ponte, si lancia nel descrivere quanto Di Tolve sia un a bellissima persona e come il suo pregiudizio debba avere più valore di qualsiasi teoria scientifica. Il tutto asserendo che Repubblica abbia pubblicato non meglio precisati «documenti falsi»:

Un giornalista di Repubblica, senza brillare di originalità (la cosa era già stata fatta anni fa dalle Iene), ha pubblicato un servizio sul seminario di Luca Di Tolve, utilizzando le informazioni fornite da un suo «infiltrato» con documenti falsi. Per chi non lo sapesse, Luca Di Tolve è un uomo che dopo anni di vita gay, e dopo aver visto morire tutti i suoi amici di HIV, ha iniziato a interrogarsi sul senso della vita, intraprendendo un percorso esistenziale che, prima attraverso la fede, e poi attraverso la psicoterapia lo ha portato a rileggere la sua storia sotto una nuova luce, fino a scoprire di potere ancora provare attrazione per le donne. Oggi Luca è sposato con una donna straordinaria, ha una bimba bellissima e, fra quelli in Italia ad avere avuto una storia del genere, è l’unico che ha deciso di metterci la faccia per aiutare le persone con tendenze omosessuali a trovare delle risposte, qualora non le convincessero quelle fornite dal mondo gay. Per questo ha fondato un’associazione, il Gruppolot, che organizza dei seminari sull’identità e l'affettività.

Tralasciando come le risposte siano quelle della scienza e non quelle di un qualche gruppo (altrimenti dovremmo fondare dei gruppi per chi non è convinto che sia la Terra a girare attorno al sole), il professore di religione sorvola su come Di Tolve non perda occasione di raccontare fieramente la sua difficoltà a non ricadere nell'omosessualità. Una famiglia dove il marito prega la Madonna ogni giorno per chiedergli la forza di non provare schifo verso la moglie non è proprio l'immagine di una famiglia così invidiabile. Eppure nulla di tutto ciò importa a chi vuole solo sostenere sostenere l'efficacia di pratiche che sono vietati in moltissimi stati a causa della loro pericolosità e totale inefficacia:

Naturalmente l’articolo di Repubblica, a cui è seguita un’intera puntata di AnnoUno, era volto a far sembrare ridicole, quando non dannose, le dinamiche di questi seminari, e dato che mi sono stufato di vedere strumentalizzate esperienze e espressioni delle quali chi scrive non ha gli strumenti per capire la portata, ho deciso di raccontarvi io cos’è davvero il seminario di Luca Di Tolve.

Ci siamo. Ancora una volta Ponte dice che lui «si è stufato» e che quindi la sua verità debba essere presa per buona senza che agli altri sia permesso parlare. Da nuovo idolo dell'integralismo cattolico, la sua verità non deve essere messa in discussione. E visto che la Chiesa suggerisce pratiche pericolose per la salute, quelle pratiche devono essere prese per buona. Anche se con lui non hanno funzionato.
Il professore di religione si lancia così nel vantare di aver partecipato ai seminari di Di Tolve quattro anni fa e sostiene che «ciò che avviene lì non è nulla di cui si debba aver paura di parlare». Peccato che a non volere che si sapesse cosa avviene lì fossero i leader di quella setta ma, al solito, non importa ciò che è la realtà ma la percezione che si vuole dare di essa.
Ponte dice che «è il seminario che mi ha dato il coraggio di raccontare alla mia famiglia la mia storia, riportando alla luce ferite generazionali che di padre in figlio ci stavamo tramandando, interrompendo così una catena di sofferenze che non aveva scopo e che forse non avrebbe nemmeno avuto fine, senza questa esperienza». In altre parole, di dice felice di essersi sentito dire che l'omosessualità con cui lui non si trovava a suo agio fosse tutta colpa di suo padre: in un sol momento non ha più dovuto chiedersi perché sia nato diverso da come un qualche prete gli diceva dovesse essere con tanto di possibilità di poterne darne "la colpa" a qualcun altro.

Posso dire senza ombra di dubbio che Luca Di Tolve sia stato il regalo più grande a me e alla mia famiglia, perché ha permesso al dolore di trovare pace e all’amore che già c’era di venire fuori più potente di prima.

E qui siamo ad un altro passaggio cruciale: Ponte cita la «sua famiglia». Considerato come sostenga che i gay non debbano avere famiglie dato che quello è un diritto che lui considera sia riservato ai soli eterosessuali, vien da sé che stia parlando dei suoi genitori. E come può essere un «regalo» ai genitori un corso che porta ad odiare sé stessi? La risposta non è nota ma è lecito temere che i suoi genitori non lo volessero gay.

Come sua tradizione, il professore di religione tona anche a sostenere che la maggior parte dei gay siano persone che non vogliono essere tali, così come si lancia nel sostenere che essere gay significhi drogarsi o condurre vite sbandate:

Pensate sia l’unico? Vi sbagliate. È grazie a Luca Di Tolve se una della famiglie più belle che io conosca oggi non è distrutta: una di quelle coppie che ti fanno venire voglia di sposarti davvero e mettere al mondo figli. Senza Luca due ragazzi stupendi oggi non avrebbero un padre vicino, e due delle persone più innamorate che io abbia mai visto dopo vent’anni di matrimonio, si sarebbero perse senza nemmeno riuscire a capire perché. E poi c’è stata la coppia di ex fidanzati omosessuali, uno trascinato dall’altro in nome della gelosia, giovani e già sconfitti dalla vita a vent’anni, fra serate nei locali, amicizie superficiali, e una relazione che con tutte le buone intenzioni non aveva prospettive perché non aveva significato. Se li vedeste oggi non li riconoscereste.

Insomma, le solite testimonianze non verificabili che hanno tutto il sapore di una televendita. Ancor più se per sostenere certe tesi ci si lanci nell'affermare che:

I manuali di psicologia odierni non fanno fede, poiché negli anni 70 furono modificati su pressione dei movimenti Lgbt, per alzata di mano. Così un giorno l’omosessualità era un disordine dell’affettività, e il giorno dopo era diventata una «condizione innata». È scienza questa? O è politica?

La stessa domanda potrebbe essere rivolta a lui. Il fatto che non avesse il coraggio di affrontare la società e abbia cercato di allinearsi a ciò che gli altri volevano che lui fosse è sinonimo di maturità? Ed il fatto che si sia scelto di sventolare certe teorie in occasione della promozione di un libro, è casualità o marketing?
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