Luca Di Tolve, l'uomo che sostiene si possa scegliere il proprio orientamento sessuale


«Qui si racconta la favoletta delle famiglie omosessuali che stanno bene. Si racconta di ragazzi che si vogliono bene. Ma io l'ho vissuto sulla mia pelle perché sono stato il primo Mister gay e sono stato in Arcigay per tanti anni». Così Luca di Tolve esordisce nel suo intervento durante una trasmissione di TV7 Triveneta. Il tutto dopo essersi lanciato in una sfuriata contro la conduttrice e gli ospiti, lamentando l'assenza di sufficiente omofobia e la presenza di un prete che osava non condannare i gay.

Se quell'approccio può forse funzionare nelle chiese in cui è solito fare comizi, imbarazzante è il suo cercare di presentarsi come rappresentante del mondo gay mentre era lì ad insultare i due ragazzi di Arcigay presenti in studio. «Voi siete seduti su delle poltrone mentre altri ragazzi fanno altre cose. Perché voi li indirizzate verso cose che sappiamo benissimo, ma ci sono i bambini e non posso parlare», ha urlato prima di sostenere che fosse necessario leggere il suo libro per sapere di cosa stesse parlando.
Peccato che anche il libro non ci illumini molto perché viene presentata una carrellata di pratiche che paiono messe lì solo per far credere che l'essere gay renda le persone interessate solo al sesso e alla perversione. Il tutto parlandone con errori ed imprecisioni che lascerebbero presumere una sua scarsa dimestichezza con il linguaggio utilizzato negli ambienti che descrive: considera sinonimi il "coming out" e l'"outing", scrive cruising con la "y" e fetish con una "c" in più. Non sa che ci sia differenza fra la bandiera della pace e quella rainbow (cambia il numero e l'ordine dei colori) e fa riferimento anche ad un locale romano chiamato "Il diavolo dentro" (che però ha aperto i battenti solo nel 2004 e quindi successivamente alla sua "conversione"). Sostiene persino che nelle darkroom si proiettino film porno (ma sono cinema o dark?).

Interessante è anche il suo continuare a sostenere di essere stato il primo mister gay. È una frase che ripete puntualmente ogni volta in cui parla in pubblico ed è contenuta anche nel suo libro dove quell'evento viene collocato nel 1990. Peccato che il concorso sia nato solo nel 1997, ossia solo sette anni più tardi. Anche in questo caso qualcuno ha contestato la frase, ma lui ha tuonato: «Ho le foto, chiedetelo al presidente Amato che era il mio presidente». Nessun presidente nazionale di Arcigay si chiamava Amato, ma c'è un Luca Amato che ha guidato Arcigay Milano dal 1994 al '95 (ossia quattro anni più tardi).
In realtà pare che il titolo sbandierato non fosse altro che quello che gli era stato attribuito durante una serata a La Nuova Idea di Milano. In un'intervista rilascia ad Allenza Cattolica (co-fondatrice del suo Gruppo Lot) racconta come il giorno precedente gli animatori della discoteca lo avessero invitato a partecipare perché c'erano pochi iscritti e lui sarebbe stato il più giovane.Insomma, praticamente una cosa tra amici molto lontana dalla visibilità e rilevanza del vero concorso.
Per ironia della sorte, la sede storica di quella discoteca è stata espropriata e rasa al suolo da Formigoni per far spazio al nuovo palazzo della regione che ha poi ospitato il noto convegno omofobo di Maroni.

Un'altro aspetto interessante è la rabbia manifestata durante l'intero programma programma. Ha interrotto tutto e tutti, ha gridato le sue tesi, ha respinto con rabbia comunque lo contraddicesse. Insomma, l'immagine che ne esce non è esattamente quella di una persona felice ed in pace con sé stessa.
A pochi metri da lui c'erano altri gay che vivono la propria sessualità alla luce del sole e che hanno sopportato in silenzio con stile veri e propri insulti che gli venivano rivolti. A voler fare bassa psicologia da giornaletto, verrebbe da notare come l'essere sé stessi possa regalare maggior equilibrio interiore ed esteriore.

Nei suoi interventi Di Tolve si è scagliato contro Repubblica, ritenuta colpevole di aver raccontato cosa avviene nei suoi convegni. Peccato che la sua smentita di quanto scritto appaia quasi come una conferma:

Dicono che voglio curare i gay. Non è vero. Io ho un'associazione di disagi affettivi che è una onlus, quindi è riconosciuta a livello di onlus. Non cura assolutamente gli omosessuali, è nato perché io sono stato omosessuale per tantissimi anni e poi per libertà di scelta, per un mio rifiuto, ho cercato diversamente perché non ero più felice nel contesto in cui mi trovavo. Quindi per libera scelta ho deciso di affrontare un altro cammino. Sono stato in America e ho avuto la fortuna di conoscere questo professore emerito che si chiama Joseph Nicolosi, che è uno psicologo affermato nell'APA. Io sono tornato eterosessuale. E quindi sono qui a dire che non è una cosa fissa l'omosessualità, non è un qualcosa che è genetico.

Se Nicolosi non è certo «affermato» in un'associazione che ha pubblicamente screditato i suoi studi e che l'ha censurato per aver falsificato dei dati, note solo le sue tesi. L'uomo sostiene che l'omosessualità non sia innata ma derivi da traumi inflitti dalla società (il dito viene spesso puntato sui genitori) che un'attrazione reversibile verso il proprio sesso. La comunità scientifica non solo è certa dell'inefficacia di quelle "terapie", ma sostiene anche che possano indurre depressione o propensione al suicidio. È questo il motivo per cui numerosi stati le hanno vietate. Il fatto che lui predichi l'efficacia si simili pratiche ci riporta ad ipotizzare che stia "curando" i gay come indicatogli dal suo «professore emerito».
E se è pur vero che l'Oms riconosce come una malattia la mancata accettazione di sé da parte di alcuni gay, è altrettanto vero che non li si può certo aiutare raccontando loro bugie o sostenendo sia possibile cambiare orientamento quando di vuole. Sarebbe come regalare un mantello ad un uomo che vorrebbe essere Batman: lui potrà anche indossarlo e fingersi un pipistrello, ma ciò non cambierà mai ciò che è veramente.

Curioso è anche come Di Tolve fosse dalla parte di chi sosteneva le tesi contro «il gender». Sappiamo bene come i cattolici siano soliti sostenere che quelle teorie portino a dire che un uomo o una donna possano scegliere di cambiare genere ogni volta che vogliono, decidendo di giorno in giorno che cosa essere. Ma se ciò è assurdo, è proprio nel libro di Di Tolve che quella teoria viene enunciata. Nel suo "appello alla reciprocità", infatti, rivendica una presunta libertà di trattamento per cambiare "identità di genere o orientamento sessuale" qualsiasi esso sia, anche eterosessuale.

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