Giorgio Ponte a TV2000


In periodo di crisi economica è un'informazione che potrebbe tornare utile: il dichiararsi un gay contrario ai propri diritti può aprire molte porte e trasformare un anonimo insegnante di religione (che si lamentava delle difficoltà incontrate nell'auto-promuovere il proprio libro) in un presenzialista. Praticamente non c'è un solo giornale anti-gay che non abbia dato spazio a Giorgio Ponte.
Recentemente è anche stato ospite del programma "Beati voi" su TV2000 e finalmente è stato possibile scoprire qualcosa in più sul suo conto.
L'intervista è iniziata con una precisazione sui termini: Ponte dice che di non considerarsi una persona omosessuale ma che «a me piace dire che sono una persona che ha desideri omosessuali. Dire di essere omosessuali vuol dire rendere l'omosessualità un'identità».

Racconta di essere nato e cresciuto in una famiglia «molto credente e molto praticante» e di aver avuto quei «desideri» a partire dall'adolescenza. Poi però pare contraddirsi nell'affermare che «quando ero più piccolo si è manifestata una confusione sull'identità sessuale, nel senso che giocavo con le bambole, avevo una confusione su chi fossi io... poi per fortuna questa cosa, almeno questa, me la sono risparmiata crescendo». Eppure si ha l'impressione che quella non fosse una reale "confusione" se si considera come in un altro momento dell'intervista abbia dichiarato di aver ritrovato un tema scritto all'età di dieci anni in cui «già allora dicevo che per me era chiaro che fosse legata al rapporto con il genitore».
Facendo due conti, il racconto ci riporta al 1994, ad un solo anno dalla pubblicazione della prima teorizzazione delle fantomatiche teorie "riparatevi" di Joseph Nicolosi. Se è evidente che in quegli anni nessun professore avrebbe mai proposto un tema sul tema dell'omosessualità, c'è da chiedersi quale sentimento interiore lo abbia spinto a trattare l'argomento e, soprattutto, bisognerebbe comprendere da dove gli siano arrivati quegli input che lo hanno portato a teorizzare quanto ipotizzato proprio in quegli anni da Nicolosi. Se poi ci aggiungiamo come dica che sia stata «una fortuna» l'aver soppresso una parte di sé, facile è anche immaginare la sua sofferenza verso un'esistenza che non coincideva con ciò che gli veniva detto lui dovesse essere.

Nell'intervista ci spiega poi la sua teoria riguardo al suo orientamento sessuale: Ponte dice che i suoi «desideri» non siano innati ma siano stati causati dalla sua famiglia: «Stavo cercando un confronto con il mondo maschile che in casa mia è stato un po' difficoltoso perché io ho un fratello molto più grande di me, che tutto voleva al di fuori dallo stare con il fratellino, e due sorelle più grandi e un papà molto affettuoso ma che viene da una generazione in cui anche il modo di manifestare l'affetto era un po' più distaccato». Insomma, la sua tesi non stupisce per nulla: ci sono tutti i termini coniati da Nicolosi e che probabilmente ha appreso durante il suo frequentare i corsi organizzati di Luca di Tolve. Ma a interessarmi maggiorante è come parli dei suoi sensi di colpa: «Ho dovuto litigare con Dio -dice- Per me Dio è sempre esistito ma mi chiedevo perché mi avesse dato questo peso». Aggiunge poi che «per tanti anni ho desiderato cambiare, volevo diventare eterosessuale per poter dire al mondo che si può cambiare. Poi ho scoperto che ci sono già persone che fanno questo e oggi capisco che non è necessario cambiare».
Immancabile è stato il suo sostenere che si possa uscire dall'omosessualità: «È una possibilità, perché succede. Ci sono persone che ora sono sposate e hanno figli». Peccato che tecnicamente ogni gay potrebbe tranquillamente ingravidare una donna (il vero problema è capire se ci sia del sentimento o se sia una storia basata sul negare la propria natura).

Ponte aggiunge: «Io capisco il desiderio buono di chi dice che vuole stare con il proprio compagno. Io ho vissuto una relazione sapendo che era contro quello che la mia Chiesa mi diceva. Però me ne sono assunto la responsabilità, mai dicendo che la Chiesa non capisce. Ho provato ad entrare in quella storia per vedere con Dio se era una cosa è buona. Perché se non lo fosse stata, sarebbe stato lui a portarmi sulla strada giusta. Ed infatti quella storia è finita».
Peccato che quell'«infatti» abbia tutto il tono di un fallimento auspicato. A quel Punto Ponte dice di essere «stato accolto in un modo straordinario dalla Chiesa, da persone che mi hanno amato e accolto, ma in verità. Cioè non mi hanno mai raccontato balle, non hanno mai dovuto abbassare i desideri alti per assecondarmi o per aggiustarmi le cose. Hanno sempre detto: "Guarda, questa cosa non può essere buona"». Insomma, il suo incontro lo ha portato ad incontrare persone che hanno assecondato il suo sentirsi in colpa, pur sollevandolo da un peso nel dirgli «tu non sei cattivo per le cose che desideri, il tuo desiderio ha delle ragioni, ma è male un certo modo di soddisfare quel desiderio».
Il quadro che ne emerge è di un uomo che ha dato la colpa della sua omosessualità alla famiglia, che si è sentito appagato nel sentirsi dire che non doveva sentirsi in colpa per ciò che provava purché scegliesse la castità.

E sinceramente fin qui non ci sarebbe nulla di male. Forse alcune sue scelte sono poco condivisibili, ma pur lecite. Anzi, non ci sarebbe nulla di male neppure se Ponte andasse in giro a raccontare quanto si senta felice nell'aver scelto la castità... ma ciò che proprio non torna è la sua rivendicazione finale: la sua intera azione politica è volta ad imporre agli altri le sue idee attraverso l'assenza di leggi che possano permettere la piena realizzazione di chi ha compiuto scelte di vita diverse. Anzi, si oppone anche all'insegnamento dei rispetto e delle realtà scientifiche nelle scuole, forse condannando numerosi bambini a dover passare la sua stessa sofferenza per l'assenza di risposte.
Ma non solo. Nei suoi vari interventi ha sostenuto che l'omosessualità sia un problema psicologico (ma non ha prove di questo), che i gay possano diventare etero (ma lui non lo è diventato e non sa cosa provino quelli che gli dicono di essere diventati tali) e dalle pagine di Libero si era persino lanciato a raccontare che i gay vanno nelle saune (eppure nella sua intervista dice di aver avuto un'unica storia e di non aver mai conosciuto uomini che non si sentissero a disagio a far sesso con altri uomini, motivo per cui pare lecito immaginare che la sua non sia un'esperienza diretta). Ed è forse questo l'aspetto che lo rendono un personaggio così oscuro: perché un conto è chi vuole testimoniare le proprie scelte, un altro è chi le vuole imporre con la forza attraverso l'affossamento di leggi o la diffusione di generalizzazioni stereotipate che forse non sono neppure frutto di esperienze dirette.

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