Gianfranco Amato: «La negazione dal gender come negazione dell'olocausto». Poi invita a chiedere l’indipendenza della Serenissima


«La negazione dal gender come negazione dell'olocausto». È quanto affermato da Gianfranco Amato a margine del convegno "Coppia e famiglia oggi", tenutosi il 19 settembre a Conegliano ed organizzato dal Vescovo di Vittorio Veneto monsignor Corrado Pizziolo.
Il presidente dei Giuristi per la vita ha sostenuto che la negazione del gender è come chi negava che il fumo dei campi di sterminio fosse provocata dai corpi: «Negavano l'evidenza mentre erano lì, non trent'anni dopo. Quindi oggi sta accadendo la stessa cosa. Sai chi negava? Quelli che erano complici, quelli che erano conniventi, quelli che era meglio non pensarci perché era troppo brutto e quelli che vivevano come Alice nel paese delle meraviglie. È la stessa identica cosa».

Un altro video mostra Amato che risponde ad una qualche domanda postagli da uno degli astanti, probabilmente riguardante la recente mozione omofoba approvata in Veneto o alla censura del sindaco di Venezia dei libri che educano alla diversità. Amato afferma: «Questo avrebbe senso soltanto se il Veneto fosse la Repubblica Serenissima. Chiedere l'indipendenza della Serenissima. Ma che cosa ci state a fare in un'Italia così? E il bello deve ancora venire. Repubblica Serenissima, indipendenza! Pensare come sarebbe bello. Una Serenissima senza gender con i doge di Venezia che butta un calcio nel culo a tutti i 49 libretti gender. Che spettacolo!».

Ecco dunque che diventa sempre più evidente l'intento politico legato alla diffusione di una paura infondata verso ciò che neppure esiste. In quest'ottica diviene così chiaro perché la Lega Nord sia promotrice di numerosi comizi dell'avvocato o di come si premuri di diffondere l'omofobia attraverso vergognosdi convegni a senso unico che infangheranno a livello internazionale il nome della Regione Lombardia. Lo scopo è la paura, quella paura che permetterebbe di creare astio nei confronti di Roma e dell'Europa a beneficio di una politica anti-europeista e pro-Putin.
A piegarci meglio la situazione è un articolo pubblicato lo scorso giugno da Linkiesta che piega molto chiaramente perché Aleksandr Dugin, il teorico del neoeurasiatismo vicino a Vladimir Putin, sia interessato ad un'alleanza con Salvini o del perché Gianluca Savoini, presidente dell'associazione leghista Lombardia-Russia, rivendichi come la loro ideologia sia composta da «idee che combaciano pienamente con la visione del mondo enunciata dal Presidente della Federazione Russa nel corso del meeting di Valdai 2013 e che si possono riassumere in tre parole: Identità, Sovranità, Tradizione».
L'omofobia diventa così una rivendicazione politica basata sugli ideali di Dugin che, nel 1997, proclamò l'arrivo in Russia di «un fascismo genuino, vero, radicalmente rivoluzionario e coerente». Sostenne che non sono stati «assolutamente gli aspetti razzisti e sciovinisti del nazismo a determinare questa ideologia. Gli eccessi in Germania riguardano esclusivamente i tedeschi [...], mentre il fascismo russo è una combinazione del naturale conservatorismo nazionale con un appassionato desiderio di veri cambiamenti».

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