I fan di Adinolfi minacciano Gayburg: «Pronti ad una spedizione punitiva alla Charlie Hebdo»


Infame, serial killer, fascista, servo di Satana, vigliacco. Così vengo apostrofato dai fan di Mario Adinolfi. Qualcuno dice che sono fastidioso come una zanzara e che «le zanzare prima o poi vengono schiacciate», qualcun altro vuole usare «un bel calibro 12 a pompa» per uccidermi. C'è pure chi propone di «organizzare una spedizione punitiva per 'sti bastardi! Altro che Charlie Hebdo».
Quella furia omicida e quelle minacce di morte sono giunte dopo che Adinolfi ha estrapolato alcune frasi tratte da una critica ad suo articolo apparso su La Croce.

Oltre a tutta una serie di osservazioni, si notava anche come quell'articolo venisse chiuso dalla frase: «Ho due figlie e ho interesse che il mondo che costruiremo per loro sia fondato sulla verità, non sull'ideologia».
Importanti studi scientifici hanno dimostrato come il rifiuto da parte della società (o, peggio ancora, da parte della della famiglia) possa portare ad un aumento dei suicidi fra gli adolescenti gay. Solo dopo che il giornalista ha tirato in ballo le sue figlie, ci si è semplicemente chiesti se fosse davvero nel loro interesse creare un mondo ostile alle diversità, ancor più considerato come lui stesso non potesse dirsi certo del loro futuro orientamento sessuale.
Il riferimento non era in alcun modo personale e la riflessione riguardava tutti quei genitori che sono impegnati in crociate omofobe. Prendiamo ad esempio ai partecipanti del Family Day: è la statistica a suggerirci che sicuramente alcuni di loro abbiano figli gay (magari non dichiarati) ed è difficile non provare preoccupazione dinnanzi all'effetto devastante che può avere il vedere i propri genitori pronti a scendere in piazza per chiedere che i propri diritti siano negati.

Eppure quella semplice considerazione è stata prontamente manipolata da Adinolfi che, attraverso la sua pagina Facebook, scrive:

il prossimo giornale lgbt che mette in mezzo una mia figlia auspicando ovviamente il suo lesbismo e scrivendo testualmente che il sottoscritto "la troverà penzolante da un cappio" avrà una mia reazione, perché davvero a tutto c'è un limite.

In realtà è stato lui stesso a tirare in ballo le sue figlie e il commento riguardava solo il suo ragionamento, nulla di più. Eppure Adinolfi si lancia persino nell'asserire che:

In sostanza il messaggio è: occhio che se non fate quello che diciamo noi, si faranno male i vostri figli, magari finiscono impiccati. Un messaggio da mafiosi allo stato puro. Evocare a un padre l'immagine di una figlia trovata "penzolante da un cappio" è un atto talmente infame che vi qualifica totalmente. E lo ripetete pure senza vergognarvi. O senza capire. Non si sa se siete più vili e infami o più idioti.

Peccato che nessuno abbia mai voluto minacciare nessuno e che la preoccupazione fosse volta proprio a sottolineare la necessità di combattere un clima che potesse portare al verificarsi di tragici eventi.
Basta infatti leggere i commenti che seguono al suo post per comprendere come i timori siano giustificati. C'è chi scrive: «Le statistiche parlano chiaro sui suicidi dei transessuali anche dopo l'operazione. È gente che va aiutata e va curata, non incentivata a distruggersi». Eppure basta guardare i dati statitici (quelli veri) per notare come come solo il 4% dei transessuali supportati dalla propria famiglia abbia tentato il suicidio contro il 57% di chi è stato rifiutato, motivo per cui quella presa di posizione risulta già di per sé un motivo di rischio per la salute di un eventuale figlio transessuale.
Adinolfi può anche continuare a sostenere che il rispetto delle persone transessuali sia un «danno colossale ai più deboli», ma non può impedire che si denunci come quella posizione metta a rischio la loro salute e la loro sicurezza.

Interessante è anche notare come dinnanzi ad una minaccia mai pronunciata c'è chi afferma: «Hanno toccato il tuo privato e questo inaccettabile». Peccato che a dirlo siano quelle stesse persone che sono scese in piazza al grido di «voi non siete una famiglia».
A fare vittimismo è poi chi non ha esitato un solo minuto per accanirsi contro i figli e gli affetti di Lo Giudice, sostenendo che il senatore «non è padre del bambino che chiama figlio». In quell'occasione disse che riteneva «di avere il diritto di dirlo, da cittadino». Ora dice che un cittadino non può dire che l'omofobia può portare alla morte di tanti ragazzi.
È peggio dire ad un bambino che non si è disposti a considerare tale suo padre o invitare un genitore a considerare quale effetti possa avere la propria propaganda ideologica qualora la figlia non cresca con un orientamento sessuale confacente ai propri desiderata?

Per dovere di cronaca va anche detto che sulle pagine Facebook si Adinolfi si è provveduto a ricamare delle fantasione storie dinnanzi ad una modifica del testo. Un utente dice che «il figlio di puttana» (che sarei io) lo «ha corretto edulcorando la frase incriminata e togliendo il riferimento al cappio», aggiungendo poi che «il diavolo e il figlio di puttana di Gayburg fanno le pentole ma non i coperchi». Adinolfi sostiene invece che quelle modifica vada letta come delle scuse nei suoi confronti.
Nella realtà dei fatti, la modifica al testo è stata una semplice variazione redazionale apportata prima che venissi a conoscenza della polemica sulle pagine di Adinolfi. La scelta di modificare i termini era stata dettata da un'eccessiva incisività di un'immagine che rischiava di poter risultare troppo cruda per i famigliari e gli amici delle vittime di omofobia. Ed è per rispetto a quelle vittime che la frase è stata addolcita (anche se il senso della frase è rimasto del tutto invariato).
Mai avrei potuto pensare che qualcuno potesse ritenere che una frase rivolta alle vittime di violenza potesse essere strumentalizzata sino al punto da farla passare per una minaccia.

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