Mario Adinolfi e le sue cinque menzogne sul gender


Come tutti i mercanti d'odio, anche Mario Adinolfi appare terrorizzato dalla verità. Il timore che possa scoppiare la bolla di menzogne su cui si basa il suo fatturato è forse il motivo per cui lo ritroviamo pronto a spergiurare e a citare il nome di Dio invano pur si sostenere la fantomatica "ideologia gender" e che sia necessario esserne terrorizzato. Il suo suggerimento è di percepire la vita come un qualcosa che non deve portare alla realizzazione dii sé, ma come uno strumento in cui ci si deve impegnare a impedire che gli altri possano vivere. La sua idea di religiosità è il sostenere è che il merito si soppeso sulla quantità di dolore che si è riusciti a creare.

È in questo quadro aberrante che Adinolfi non ha avuto alcuna remora nello scrivere un articolo intitolato "Che cos'è l'ideologia gender?". Il tutto, ovviamente basando le sue teorie sul nulla e sulla menzogna. Già nell'introduzione afferma:

Secondo i leader della comunità Lgbt "l'ideologia gender non esiste", per dirla con Aurelio Mancuso è "una invenzione del Vaticano”. Secondo Papa Francesco è "uno sbaglio della mente umana" che si è radicato in una "colonizzazione ideologica" che ha assunto le forme del lavaggio del cervello riservato "alla gioventù hitleriana". Tra Mancuso e Papa Francesco noi tendiamo a credere a Papa Francesco.

Insomma, il Papa o il clero sono lo strumento che viene sempre citato per sostenere che sia la Chiesa a legittimare le posizioni di Adinolfi, anche quando si tratta di chiedere che la scuola non contrasti il femmicidio e rimanga a guardare mentre migliaia di donne vengono quotidianamente picchiate dai loro mariti. Anzi, il divorziato Adinolfi, è a capo di una campagna volta a chiedere che il divorzio altrui sia vietato, giusto per assicurarsi che quelle donne non possano scappare dalla violenza prima di essere uccise.

Ma a risultare un insulto all'intelligenza umana è anche il paragone con cui apre il suo discorso: che diavolo c'entrano il Papa e Mancuso? Per chiunque avesse a cuore la verità (e non una propaganda a cui sono legati i propri interessi economici) saprebbe benissimo che il tema è la verità scientifica ed accademica, ossia luoghi in cui nessuno ha mai teorizzato né appoggiato quelle teorie che oggi vengono sostenute solo da Adinolfi e dai suoi amici (e che rappresentano il vero sbaglio della mente umana).
L'ideologia si cui parla ossessivamente il direttore de La Croce non è infatti nata in ambienti accademici. Fra i primi a teorizzarla si incontra la scrittrice bavarese Gabriele Kuby, autrice nel 2008 di un libro che per la prima volta proponeva il "Gender" nell'ottica con cui ne parlano gli integralisti cattolici. Quel libro venne donato a Papa Ratzinger e pare che lui si sia detto entusiasta. È l'autrice stessa a raccontare come il suo «incontro con il Papa emerito Benedetto XVI che mi ha detto che l'educazione sessuale non è solo un lavaggio del cervello, ma è anche un "lavaggio dell'anima". Se i bambini sono sessualizzati si distrugge il loro senso di vergogna, il loro rapporto con i genitori, il loro rapporto in generale con l'autorità e quindi si distrugge il loro rapporto con Dio».

Ecco dunque che la premessa di Adinolfi sarebbe dovuta essere diversa. Avrebbe dovuto chiedere se la ragione sia quella della scienza o se sia preferibile credere alla signora Kuby, e la sua teoria secondo cui «il senso di vergogna» sarebbe un valore da tramandare.

Ma il delirio si Adinolfi non si ferma certo ad una falsa premessa, spingendosi fino ad enunciare le sue fantomatiche teorie attraverso cinque punti.

1. Maschio e femmina sono igualiLa finalità originaria dei "gender studies" degli anni Sessanta è affermare l'uguaglianza assoluta tra l'uomo e la donna al fine di liberare ed emancipare quest'ultima dalla "discriminazione". Negare la distinzione maschile-femminile, considerare "uno stereotipo" che esistano ad esempio mestieri tipicamente maschili e mestieri tipicamente femminili, negare la specificità del ruolo materno rispetto al ruolo paterno, sono gli elementi cardine dell'ideologia che afferma che l'uomo e la donna sono intercambiabili in ogni funzione, che solo una convenzione sociale e una oppressione di tipo storico-culturale ha cementato la donna in alcuni ruoli specifici, in particolare in ambito familiare, e da questo la donna va liberata.

Si parte così dal fare confusione fra «uguaglianza» e pari dignità. Per capirlo basta prendere il comma 16 della riforma della scuola (quello che Adinolfi vuole sia abrogato per via referendaria, sostenendo sia un'esternazione della fantomatica «ideologia gender») e troveremmo scritto che l'«obiettivo primario deve essere quello di educare alla parità e al rispetto delle differenze».
Palare di differenze non significa certo annullarle, così come lo stereotipo da abbattere (e probabilmente Adinolfi lo sa bene) è il ritenere che la donna nasca con lo scopo di cucinare e rassettare la casa.

2. Il sesso biologico è modificabileL'ideologia del gender vede il sesso biologico come un dato originario modificabile, di fatto transitorio e "liquido", piegandolo alla scelta del "genere" a cui appartenere, che può essere compiuta a qualsiasi età a partire da dati comportamentali. Gli ideologi del gender incoraggiano dunque il transessualismo come prova di libertà ed emancipazione dell'individuo e sostengono che la definizione dell’essere umano anche a livello burocratico non deve limitarsi alle due sessualità biologiche universalmente riconosciute (maschile e femminile) ma adeguarsi ad infinite e fantasiose sfumature del genere, arrivando a contarne fino a 56. I social network come Facebook si sono piegati a questo diktat ideologico, mentre alcune legislazioni nazionali hanno riconosciuto accanto al genere maschile e femminile anche un fantomatico genere "neutro".

Nessuno al mondo ha mai affermato una cosa simile. Da sempre si è parlato di identità e le eventuali operazioni volte a modificare il dato biologico hanno la stessa valenza di un'operazione volta a correggere un dato fisico che non corrisponde alla percezione di sé. Se la figlia di Adinolfi fosse nata con una malformazione, il padre l'avrebbe curata o le avrebbe detratto che se Dio l'ha fatta nascere così allora sarebbe dovuta restare insoddisfatta del proprio corpo a vita?
In commentabile è poi il suo sostenere che qualcuno voglia promuovere il transessualismo. Il sostenere che una transessuale non debba essere sottoposte a torture di stato (come la castrazione) non è promuovere nulla, è dare dignità anche a chi è diverso da noi.

3. La famiglia naturale è uno stereotipoSecondo l'ideologia gender la famiglia naturale composta da padre, madre e figli non è altro che uno stereotipo culturale basato sull'oppressiva azione del maschio sulla femmina ormai rotto dalla liberazione sessuale femminile, accompagnata alla fine della "dittatura del maschio" ormai liberato anch'esso in una sessualità liquida che genera i 56 diversi generi. Dunque, rotto lo schema maschile-femminile, è rotta anche l'idea stereotipata di famiglia. Gli ideologi del gender dunque obbligano a usare il plurale: non esiste più la famiglia, ma "le famiglie", intendendo ogni aggregato sociale fondato su un generico "amore" che ovviamente arriva a comprendere anche le condizioni dei rapporti a più partner indicati come "poliamori". Di qui discendono una serie di rivendicazioni politiche e sociali che vanno dal cosiddetto "matrimonio egualitario", comunemente noto come matrimonio gay, fino al riconoscimento appunto dei rapporti a più partner chiamati "poliamori", visti anzi da alcuni intellettuali come Jacques Attali come l'inevitabile approdo della società della disintermediazione.

Interessante è come la "famiglia tradizionale" diventi per lui una "famiglia naturale": Il senso di una simile frase è volto a sostenere che la Costituzione debba proteggere la sua famiglia ma non quelle altrui (anche se la Corte Costituzionale la pensa diversamente). Si parte così da un rigurgito nazista in cui la "Naturalità" non è scelta dalla natura ma da Adinolfi stesso. Lui, quelle supremo giudice dell'operato di Dio, corregge dgli errori della creazione e determina quale parte del creato debba essere cancellato dinnanzi a quella che lui reputa la sua suprema perfezione.
Il riferimento al poliamore è poi quanto di più mistificante possa essere creato da una mente perversa.

4. desessualizzare la genitorialità
Se è uno stereotipo la famiglia naturale, il culmine dell'ideologia gender è inevitabilmente la desessualizzazione della genitorialità. I figli dunque non nascono più dal rapporto sessuale tra un maschio e una femmina, ma possono essere generati artificialmente da qualsiasi aggregato sociale. Viene dunque incoraggiata la fecondazione assistita omologa e soprattutto eterologa, le cui leggi regolatrici più sono prive di vincoli più sono emblema di liberazione. Si sostengono pratiche oggettivamente violente e brutali, come l'utero in affitto, pretendendo però formule linguistiche edulcorate possibilmente in forma di incomprensibile acronimo come gpa (gestazione per altri) o gds (gestazione di sostegno), necessarie in particolare per gli omosessuali maschi notoriamente non provvisti di uteri. La finalità della desessualizzazione della genitorialità, culmine dell’ideologia gender, porta come conseguenza una idealizzazione della omosessualità proposta modello di liberazione da condizioni sociali oppressive e, in passato, platealmente vessatorie.

Eccoci. Alla fine Adinolfi si spinge a sostenere che l'omosessualità debba essere combattuta con la discriminazione perché altrimenti tutti vorrebbero essere omosessuali. Ne dovremmo dunque dedurre che anche lui voglia far sesso con altri uomini e che viva con una donna solo perché gli è stato imposto.
Nella realtà dei fatti, inoltre, appare evidente come il divieto all'adozione da lui fortemente auspicata è ciò che porta necessariamente al ricorso alla maternità surrogata per quanti possono permetterselo (pochi, ma soprattutto tanti eterosessuali verso cui lui non ha nulla da ridire). Insomma, si prende una causa e le si attribuisce una conseguenza che non ha alcuna diretta implicazione, il tutto pur di creare paura.

5. Conquistare la scuola e i mezzi di comunicazioneLo strumento con cui realizzare la “colonizzazione ideologica” denunciata da Papa Francesco è la conquista dei luoghi di educazione e di comunicazione. Dunque, scuola e mass media. Decisivo per gli ideologi del gender è drenare denaro pubblico per entrare negli istituti scolastici e formare le menti di bambini e giovani generazioni in particolare all'idea che la famiglia naturale sia uno stereotipo. Dunque falsi corsi contro la "discriminazione di genere" o il "bullismo omofobico" sono i cavalli di Troia con cui agevolmente penetrare nelle scuole di ogni ordine e grado, producendo testi soprattutto per bambini capaci di colpire l'immaginario più fragile e de-formarlo. Allo stesso tempo occupando ruoli chiave nei mezzi di comunicazione di massa, l'ideologia gender punta a formare più complessivamente l’opinione pubblica all'identificazione dei principi enunciati con un'idea avanzata di libertà, descrivendo gli oppositori come pericolosi retrogradi limitatori della libertà altrui motivati da pura malvagità. Le descrizioni manichee delle dinamiche in atto su questo terreno in tutte le società occidentali sono una caratteristica degli ideologi del gender che puntano a creare icone facilmente riconoscibili identificate nel mondo omosessuale e transgender, da contrapporre all'opinione pubblica che a queste forme di fascinazione ancora resiste intimidendola attaccando pesantemente persino la libertà d'espressione su questi temi. Di qui legislazioni punitive, arresti di oppositori e obiettori di coscienza, linciaggio mediatico di chi non si adegua la nuovo diktat ideologico.

Si torna ancora una volta a cavalcare la parole del Papa per poi chiedere che la colonizzazione ideologica sia la sua. Attraverso la stampa di modelli e la minaccia di cause legali, Adinolfi è alla guida di un gruppo che vuole impedire la crescita sana dei bambini attraverso l'imposizione violenta di stereotipi che possano assicurare una crescita di bambini che siano la fotocopia dei genitori.
Secondo Adinolfi, non deve essere fornito loro alcuna indicazione possa portarli a creare un pensiero indipendente: il figlio è un giocattolo nelle mani del padre e se lui vuole che sua figlia non abbia altre aspirazioni rispetto a quella di lavare la mutande del marito ed aprire le gambe per mettere al mondo quanti più figli possibili., allora nessuno deve poter suggerire che si può aspirare ai propri sogni.
Da sottolineare è anche l'arroganza di chi premette di aver ragione e sostiene, dunque, che chiunque la pensi diversamente sia stato plagiato. Ci si lamenta di tutto e tutti, dicendo che c'è gente cattiva che vorrebbe le sue figlie felici al posto di schiave al suo servizio, ma per lui la realtà è solo quella che ha deciso lui. Non è un caso se nella sua vergognosa spiegazione del "gender" non ci sia un solo riferimento a chi vorrebbe fare le cose che lui dice, forse proprio perché nessuno ha mai proposto nulla di simile.

Senza alcuna dignità, Adinolfi non manca di sfruttare ancora una volta il nome della sua prole a favore della sua battaglia ideologica che vorrebbe la vita decisa da altri (la sua idea è che un transessuale non debba esistere perché lui non vuole). Eppure scrive: «Ho due figlie e ho interesse che il mondo che costruiremo per loro sia fondato sulla verità, non sull'ideologia». Peccato che, qualora sua figlia dovesse essere lesbica, la cultura dell'odio che rischia di spingerla a gesti estremi sarebbe stata creata proprio da lui. Può davvero essere libertà il chiedere che la vita di qualcuno sia calpestata solo perché si parte dal presupposto (non verificato) che il male sarà fatto agli altri e non ai propri cari?
Perché se oggi quell'odio è ciò che paga la cena sulla tavole di casa Adinolfi, domani quell'odio sarà ciò che avrà reso l'Italia un posto peggiore in cui vivere. Davvero è questa l'eredità che vuole lasciare ai suoi figli?
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