Provita sostiene che un gay possa scegliere di non esserlo


Forse non c'è violenza peggiore di una propaganda che tenta di mette nella bocca delle proprie vittime parole mai pronunciate. Eppure l'organizzazione di estrema destra "Provita Onlus" spergiura che Luca Di Tolve sarebbe stato «icona e attivista della comunità LGBT».Una definizione curiosa per uno sconosciuto che si propose semplicemente di organizzare crociere in collaborazione con la rivits Babilonia nella speranza di trovare un qualche maschio da rimorchiare.
Eppure l'organizzazione guidata da Toni Brandi pare sufficientemente priva di etica da giurarlo, raccontando pure che oggi il loro militante sarebbe «felicemente sposato e padre, dedica la sua vita a offrire un percorso di guarigione spirituale a tutti coloro che sono in crisi, alle coppie, ai single, eterosessuali e gay e altro».
In realtà i seminari di Di Tolve propongono le screditate teorie di Nicolosi per la "cura" dell'omosessualità, ma evidentemente hanno ritenuto di dover smussare la verità. Ma è negando l'evidenza che l'organizzazione si spinge persino nel sostenere che:

Lo accusano di “voler curare i gay” (che pare sia uno dei reti più efferati che si posano concepire oggigiorno), ma in realtà lui non solo non costringe nessuno a frequentare la Casa Sant’Obizio dove ha sede l’associazione Gruppo Lot – Regina della Pace, ma offre l’occasione per un ritiro spirituale per aiutare in una riscoperta di sé e della propria identità intima che non è necessariamente connesso all’essere gay o meno. Anzi che non presuppone un “dover” non essere più gay.
Eppure viene costantemente massacrato mediaticamente dalla “Gaystapo”, come i nostri Lettori sanno bene.

Rinnegata la verità e insultato il prossimo nel nome di quella divinità che il gruppo ama stuprare quale strumento di giustificazione per ogni più perversa forma d'odio (dall'omofobia alla xenofobia, senza scordare la misoginia), ecco che Brandi non manca di dire fra le righe che in fondo non ci sarebbe nulla di male nell'ipotizzare che i gay possano essere "curati" clinicamente.
Eppure non vale neppure la pena commentare il loro segregazionismo a fronte delle immagini di una video-inchiesta che mostra in maniera inequivocabile quali ideologie propini Di Tolve durante i suoi convegni. Oppure si potrebbe anche solo leggere il reportage di Repubblica in cui il giornalista è letteralmente scappato da quelle follie.

Fornito l'indirizzo del centro in cui un genitore catto-omogobo potrebbe tranquillamente rinchiudere un figlio sgradito in virtù del suo orientamento sessuale (dicono sia una "scelta", ma incutere sensi di colpa in chi già è provato dalla mancata accettazione è come prestare una pistola a chi dice di volersi suicidare), si arriva al lancio della versione spagnola del libro scritto dall'ex gay.
Di certo, tra le partecipare ai comizi di Mario Adinolfi, ai convegni di Gianfranco Amato e alle carnevalate di Silvana De Mari, pare evidente che il Popolo della famiglia abbia garantito ingenti guadagni ad un uomo che vende pregiudizi, esportandolo pure nella spagna di Arsuaga.

Sprofondando in un vittimismo patetico, scrivono:

In queste settimane ha portato il suo libro in Spagna, terra «sotto controllo della gaycrazia», dice Andrea Zambrano su La Nuova Bussola Quotidiana.
Infatti, nessuno ha avuto il coraggio di ospitare una pubblica conferenza di Di Tolve per la presentazione di “Yo fui gay”: «troppo alto il rischio, troppe poche garanzie di sicurezza. … La legge approntata da Podemos e approdata il mese scorso in Parlamento sulla tutela dei diritti dei gay minaccia davvero di diventare realtà [...]».

Se ci siamo già occupati dell'offensiva di Zambrano, l'omofobo Brandi non ci risparmia un'intervista a quel Di Tove che si lamenta di quanto siano cattivi i gay. Quegli stessi gay che Di Tove cercò volontariamente e consapevolmente di contagiare con l'HIV quale ritorsione contro chi riteneva "colpevole" di come la sua sregolatezza gli avesse fatto contrarre il virus in anni in cui non esistevano farmaci efficaci. Questo, perlomeno, è quanto racconta lui nel suo libro, mostrandosi peraltro privo di qualunque rimorso.

Eppure, ingolositi dall'occasione di spargere odio omofobico, Provita presenta quel video come «l’intervista rilasciata ad Actuall da Luca Di Tolve sulle sue ragioni di libertà nel voler testimoniare che gay si può essere, ma si può anche non essere e soprattutto che si può riscoprire la natura vera dell’essere umano in sé».
Sarà, ma se essere gay non è una scelta, contrariamente alla decisione di essere omofibi. Quindi, nonostante i giri di parole e l'ampio ricorso alla menzogna, ancora una vola emerge tutta la brutalità di quel gruppo d'odio che invita a colpevolizzare i gay (in fondo Brandi spergiura si possa scegliere di non esserlo) e si cerca di premettere che ci sarebbe un qualcosa di male in ogni amore non sia conforme ai loro dogmi e alla loro brama di codificare e regolamentare la vita altrui.

Ricapitolando, nonostante nessun gay abbia mai detto a Di Tolve che non deve portarsi a letto una donna se ciò lo rende felice, Brandi spergiura che i gay debbano poter essere insultati con epiteti come «gaystapo» solo perché qualcuno si lamenta quando Di Tolve spergiura davanti a pubblici rigorosamente omofobi (Zimbrano è stato chiaro sul fatto che non accetterà contraddittori ma parlerà solo con estremisti antigay) che l'orientamento sessuale si posa scegliere e che i gay debbano essere colpevolizzati per la loro natura. E questo non senza rischi, dato il numero di adolescenti che sono stati condotti al suicidio dai sensi di colpa inculcati attraverso le indicazioni di quel Nicolosi che Di Tolve indica come fonte delle sue conferenze.
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