Nozzolino indagato d'ufficio per violenza privata. Adinolfi strumentalizza: «Io vittima di campagne d'odio perché cattolico»


Mario Adinolfi trascorre le sue giornate fomentando quell'odio omofobo che in Europa rappresenta la causa del 25% di suicidi tra i giovani di età compresa tra i 16 e 25 anni. Durante i suoi convegni spergiura che i gay debbano essere ritenuti pedofili, meritevoli di morte e indegni di diritti civili. Invita pubblicamente a negare l'affitto alle coppie gay, così come il suo compagno di partito dichiara pubblicamente che lui non avrebbe problemi a violare le leggi contro le discriminazioni per rifiutare un'assunzione sulla base dell'orientamento sessuale del candidato.
Durante uno dei suoi convegni, lo youtuber Francesco Nozzolino è salito sul palco per deriderlo. Una carnevalata probabilmente di cattivo gusto, è vero, ma c'è da restare basiti nell'apprendere che quella stessa Procura che non ha mosso mosso un solo dito in difesa delle vittime di Adinolfi abbia ora deciso di indagare d'ufficio contro il contestatore. L'accusa è quella di violenza privata e la pena prevista è di 4 anni di carcere.

Ovviamente Adinolfi è già all'opera per strumentalizzare la questione e per dire che lui è tanto buono e che ha già perdonato quai gay cattivi che non si lasciano denigrare e insultare in silenzio. È infatti parlando al plurale e cercando di sostenere che l'azione di un singolo debba essere attribuita a chiunque abbia la "colpa" di condividere il suo stesso orientamento sessuale che su Facebook scrive:

Oggi, finalmente, a 50 giorni dai fatti, un quotidiano dedica due pagine all’aggressione di Novara. Lo fa il quotidiano La Stampa e solo a seguito della notizia dell’apertura dell’inchiesta per violenza privata e molestie avviata d’ufficio dalla procura della Repubblica. Ho ribadito di non avere presentato denuncia e di non volere che gli aggressori siano puniti. Ma allo stesso modo ho potuto porre una questione al giornale piemontese: avete fatto un can can per gli insulti virtuali alla Boldrini. Perché invece se si mettono fisicamente le mani addosso ai cattolici del Popolo della Famiglia, come esito di una campagna d’odio, abbiamo dovuto aspettare due mesi e l’intervento di una procura per ottenere due righe sul giornale? Esistono due pesi e due misure a seconda di quale area politico-culturale viene colpita dall’odio?

Se sinceramente c'è da avere una gastrite ogni qualvolta l'integralista Mario Adinolfi si lancia nel sostenere che lui sia vittima di contestazioni perché si dice "cristiano" e non perché stupra il cristianesimo quale giustificazione a violente campagna d'odio omofobico, xenofobo e misogino, davvero incredibile è come dica che un atto goliardico possa essere paragonato ai feroci insulti che molti dei suoi proseliti hanno indirizzato alla Boldrini.
Siamo dunque dinnanzi al suo proverbiale vittimismo, esternato anche fra i commenti in cui piagnucola che si sentisse «contrariato e addolorato» per quella contestazione. Eppure su una cosa forse l'integralkisma ha davvero ragione: pare esistano davvero due pesi e due misure se per anni nessuno ha mosso un solo dito dinnanzi alla sua aggressione alla vita, alle famiglie e agli affetti di un intero gruppo sociale e poi si procede d'ufficio (con un'azione finanziata anche dalle tasse delle sue vittime) non appena l'amichetto del vescovo si sente deriso.

Interessante è anche come lui stesso dichiari che il suo fine è quello di ottenere visibilità. Chi se ne frega delle persone uccise dall'omofobia o di quelle famiglia minacciate dalle sue incursioni, l'importante è che lui abbia due righe sui giornali nazionali. Intanto il suo partito ha già stampato alcuni volantini in cui si parla di una presunta «aggressione subita da Mario Adinolfi a novara» con tanto di slogan: «Noi miti e forti non reagismo e resistiamo. Loro violenti. Noi andiamo avanti».
Nel "noi" ovviamente rientra anche quel suo segretario che auspicava «una bella persecuzione con sangue, una Spagna 1936» nei confronti di qualunque prelato non avesse offerto il pulpito della sua chiese alla propaganda politica di Adinolfi, così come rientrare anche quella Silvana De Mari che dall'altare della chiesa del Santo Sepolcro di Bagheria sbraitava: «La vagina delle trans è sporca, dal pene dei trans cola urina. Non voglio finanziare le loro malattie».
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