Il Secolo d'Italia difende il WCF: «La minoranza discrimina la maggioranza. Noi vittime di apartheid»


Poche cose risultano più patetiche di una donna che, per mero profitto, si presta a partecipare ad un convegno sessista al fianco di preti ortodossi che giustificano le violenze domestiche o uomini che vorrebbero relegare le donne in cucina. Eppure lei è tutta tronfia nel farsi fotografare al fianco di un tizio che ha sponsorizzato la legge russa contro la cosiddetta "propaganda gay" a danno di milioni di adolescenti, puniti per non essere ariani e conformi ai suoi più lascivi desideri sessuali.
E se la signora Giorgia Meloni dovrebbe vergognarsi di partecipare al cosiddetto "Congresso delle famiglie" di Verona, surreale è come il suo organo di stampa ufficiale si metta a piagnucolare che Toni Brandi e Jacopo Coghe dovrebbero essere lasciati liberi di poter stuprare a proprio piacimenti il marchio di Palazzo Chigi al fine di promuovere la loro ideologia anticristiana contro le famiglie, contro la vita e contro la società.

Tentando di creare quelle contrapposizioni sociali che servono alla loro leader per il suo commercio di odio, Il Secolo d'Italia se ne esce con un vomitevole articolo di propaganda dal titolo "Congresso mondiale delle famiglie, Conte revoca il patrocinio. Gay in festa". Pare evidente che tirino in ballo i gay solo perché sanno benissimo che lo scopo di quel convegno è la promozione dell'omofobia, ossia di un odio sociale su cui la loro leader ha investito molto.

L’Arci ordina, Palazzo Chigi obbedisce, il Gay-center ringrazia: benvenuti nell’apartheid alla rovescia, miracolo tutto italiano di una minoranza che discrimina la maggioranza fino ad ottenere dalla presidenza del Consiglio dei ministri la revoca del patrocinio al Congresso mondiale delle famiglie che si terrà a Verona a fine e mese e che vedrà, tra le altre, la presenza del ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, del vicepremier Matteo Salvini e di leader politici come Giorgia Meloni. Un meeting mondiale per accendere i riflettori sulla famiglia e sul suo ruolo al tempo del deserto demografico e del welfare da ri-orientare sulle opportunità dall’assistenzialismo.

Chiaramente basta guardare la lista dei relatori per capire che lo scopo non è quello di parlare di famiglia, ma solo quello di promuovere uno stile patriarcale di famiglia in cui la donna sia sottomessa all'uomo e se ne stia in casa a produrre bambini. Eppure Il Secolo d'Italia pare inarrestabile nella sua propaganda, arrivando a stuprare la Costituzione ed ad attribuirgli distinguo sui sessi che  non compiano nel testo:

In poche parole, un’occasione per introdurre e sviluppare nell’asfittico dibattito odierno a base di selfie e tweet temi di ampio respiro e di lunga gittata. Ma che nei fatti rischia di tradursi in una pia illusione: sul tema, infatti, il mainstream culturale – gli Arci, appunto, in compagnia di Lgtb, Gay-center, famiglie Arcobaleno e sigle varie – non tollera concorrenze. La famiglia, intesa come «società naturale fondata sul matrimonio» secondo l’art. 29 della Costituzione (sempre quella «più bella del mondo»), agli occhi di questi instancabili annunciatori di progresso è pura anticaglia, roba da museo, retaggio di preistoriche palafitte. Il futuro è nelle unioni gay, famiglie allargate, infarcite di genitore uno e genitore due e a base di uteri a noleggio e genere sessuale a la corte, da scegliere e poi da riporre come un abito di stagione.

Insomma, lodano i distingui integralisti nell'incuranza di come a finire sotto processo dovrebbe essere anche la la famiglia di Giorgia Meloni, la peccatrice che si è presentata al cospetto di Massimo Gandolfinia ad annunciare che lei era rimasta gravida pur non avendo marito. Un fatto che per molti dei relatori sarebbe un motivo più che sufficiente a lapidarla a morte in nome della Bibbia.

Ed è sempre dicendo che i gay non devono poter avere una famiglia perché la loro leader non vuole che l'articolo conclude:

«Il governo non può sostenere in alcun modo il Congresso mondiale delle famiglie che si terrà a Verona a fine mese», ha infatti intimato Francesca Chiavacci a nome dell’Arci nazionale, per poi chiedersi: «Qual è l’interesse pubblico che motiva il sostegno del governo al Congresso delle famiglie a Verona?». L’esatto contrario di quello che spinse il governo Renzi a sequestrare il Parlamento per ottenere in un paio di settimane la legge sulle nozze omosessuali, avrebbero potuto replicarle da Palazzo Chigi. La risposta è stata invece la revoca del patrocinio. A conferma che non basta stare al governo per ottenere il cambiamento. Quello vero, almeno.

Insomma, quando la signora Meloni avrà impedito alle persone di poter sposare la persona amata, lei si dirà soddisfatta. Ma forse basta guardare ai suoi scarsi risultati elettorali per comprendere che lei non è e non sarà mai maggioranza.
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