La difesa del leghista Giovanni De Paoli si baserà sul negare di aver mai detto che lui brucerebbe un figlio gay


Dopo vari rinvii, ieri ha finalmente preso il via il processo nei confronti del consigliere regionale Giovanni De Paoli per le parole che il leghista e partecipante al "Family Day" di Gandolfini avrebbe pronunciato nel 2016, dove vari testimoni affermano di averlo sentito dichiarare che «se avessi un figlio omosessuale, lo brucerei nel forno».
A quattro anni dai fatti, il leghista baserà la sua intera difesa sul suo sostenere di non aver mai detto quelle parole: «Con riferimento al procedimento a mio carico presso la procura di Genova per presunta diffamazione -dichiara- sono a ribadire di non aver pronunciato quanto a me attribuito e sono profondamente dispiaciuto per il malinteso venutosi a creare».

Aleksandra Matikj, che ha firmato la querela in qualità di presidentessa del “Comitato per gli immigrati e contro ogni forma di discriminazione”, commenta: «Io ho voluto presenziare, così come le altre parti offese, per avanzare la richiesta di costituzione di parte civile. Eravamo in quattro comitati. La difesa di De Paoli si è opposta alla costituzione dei Comitati di cui l'eccezione verrà decisa dal Giudice nel corso della prossima udienza [...] Il danno, per quanto ci riguarda, non è stato ancora quantificato, pertanto questo aspetto sarà di esclusiva valutazione della Magistratura. Si tratta di un caso di particolare spessore, il primo caso contro l’omofobia in Italia. C’è stato un attimo in cui, durante l’udienza, noi parti offese ci siamo guardati, ed abbiamo colto la stessa aspettativa di giustizia. Mi sono commossa. Credo che battaglie come questa contribuiscano a far crescere la storia della tutela dei Diritti Umani. Ne sono, ne siamo davvero orgogliosi. In Italia manca ancora una Legge ufficiale contro l’omofobia, la bi-fobia e la trans-fobia. In un Paese dei diritti come il nostro, sarà il prossimo passo da compiere».

La prossima udienza si terrà il 9 giugno 2020.
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