Daniela Santachè non vuole migranti gay, ma la Convenzione di Gineva del 1951 che ci impone di farlo


Daniela Santachè, ovviamente di Fratelli d'Italia, risulta impegnata a sbraitare che lei sarebbe schifata all'idea che il Governo rispetti la Convenzione di Gineva del 1951. La mozione Boldrini non modifica infatti in alcun modo i trattato che impongono all'Italia il dovere di non rimpatriare i rifugiati, così come appare pura follia che lei possa crede che basterà dichiararsi gay perché la domanda di asilo venga accolto.
A quel punto i casi sono due: o la signora mente per ostentare il suo razziamo e fomentare all'odio i suoi seguaci di estrema destra, oppure stiamo pagando una persona che parla di cose che neppure conosce. Fatto sta che in un Paese normale sarebbe inaccettabile che un politico possa scrivere una porcheria del genere:


L'Italia non raccoglie documenti specifici per stimare il numero di richiedendi asoli perseguitati in virtù del loro orientamento sessuale. La commissione svedese per l’immigrazione ha stimato nel 2002 il numero di richiedenti asilo nel paese per motivi di orientamento sessuale o identità di genere in circa 300 persone l’anno; mentre i Paesi Bassi hanno contato 200 domande. Si tratta dunque di numero che paiono sottolineare l'allarmismo di chi parla di "invasione" in quel gergo populista che mira a fare reddito sulla pelle dei più deboli. E chissà se la signora Santaché sa che i rifugiati gay hanno paura a dichiararsi tali perché vengono da culture in cui ammettere la propria omosessualità può costare la vita e quella domanda li porterebbe comunque ad essere emarginati dalla loro stessa comunità
Dati alla mano, i gay che fuggono da persecuzioni che si dichiarano eterosessuali per paura dello stigma sono numerosissimi. Eppure pare che per la destra italiana ogni scusa sia buona per chiarire che loro sono razzisti e che loro non si interessano alle vittime di violenza.

Ma la vera domanda forse sarebbe un'altra. La signora Santaché avrebbe il coraggio di rischiare la sua vita salendo su un barcone con il rischio di essere discriminata per il resto dei suoi giorni per sfuggire ad una persecuzione o per cercare di dare un futuro ai propri figli? Perché è facile odiare gli altri senza manco immedesimarsi in situazioni così drammatiche che spesso risultano difficili anche solo da immaginare. Partecipi ad un incontro per la valutazione di una richiesta d'asilo e ascolti quali torture hanno dovuto subire quelle persone, anche perché i giudici non sono nati ieri e sanno riconoscere l'affidabilità di una deposizione sulla base di quella che è la nostra conoscenza delle situazioni locali.
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