Google è tornato a censurare Gayburg


Caso vuole che il motore di ricerca di Microsoft abbia rimosso Gayburg dai suoi risultati proprio mentre partivano le richieste di censura avanzate dall'avvocatessa di Carollo, ossia di quel pastore che definisce l'invasione russa dell'Ucraina come una «guerra religiosa contro i matrimoni gay». Ed è sempre il caso a volere che sia proprio dopo l'ennesimo attacco del fondamentalismo organizzato che la nostra pagina, seguita da migliaia di utenti, sia stata improvvisamente cancellata da Google News.
D'altronde un certo esponente di un certo partito omofobo era stato molto chiaro nel minacciare che loro si stavano muovendo con l'obiettivo di costringere al silenzio chi non pensa che Adinolfi sia stato vittima di «apartheid» come lui giura o ritiene che non sia «moralmente accettabile» uccidere chi non discrimina i gay come dice il loro Kirill.

Mentre la nostra pagina è stata ingiustificatamente svuotata da tutti i contenuti senza che ci sia stata fornita alcuna motivazione, su Google News vengono però mostrati gli articoli diffamatori in cui Zaira Bartucca pubblica nomi falsi e inaccettabili accostamenti alla pedofilia:



Nel momento in cui Google decide di censurare una voce e di farsi promotore chi diffonde informazioni false, viene meno la scusa dell'imparzialità. Qui una scelta è stata fatta: va censurato chi non piace alle lobby finanziate da Mosca e viene dato spazio a chi pubblica fake-news poste all'attenzione della Procura dopo essersi meritata un posto nella black-list dei siti bufala stilata dal Butac. E tutto ciò diventa ancora più grave se Google pubblica quella roba lì e cenbsura chi spiega perché quella sia una fake-news.

La nostra presenza su Google News ha infastidito per anni le organizzazioni anti-gay, tant'è che Mario Adinolfi si fece ripetutamente promotore di una serie di richieste volte a chiedere la nostra censura:



Ai tempi, Adinolfi si guadagnò una denuncia penale dichiarando che Google sarebbe stata «complice della circolazione di immagini pedopornografiche da parte di Gayburg».
Pare inutile commentare una frase così altamente diffamatoria e calunniosa. A due anni, ancora attendiamo che la Procura si decida a rinviarlo a giudizio in modo che possa spiegarci quando mai sarebbero state pubblicate quelle fantomatiche «immagini pedopornografiche» di cui lui ci accusa in quella suo ossessivo tentativo di accostare i gay alla pedofilia dopo aver incassato gli appulsi di quel prete pedofilo che venne ospitato tra le autorità al suo congresso lombardo.
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