Ines Brambilla, la psicologa che vuole importare in Italia i gruppi anti-gay russi e spagnoli


Si chiama Ines Brambilla, è un'amica di Alida Vismara e sul suo profilo Facebook si presenta come una psicologa che ha prestato la sua opera presso il Comune di Milano e che «da più di 40 anni che esercito la professione e che lavoro nell'ambito delle terapie riparative». In altre parole, fantomatiche "cure" in grado di rendere etero i gay (da lei definiti semplicemente «deviati») al fine di salvarli «dalle fiamme eterne dell'inferno». Già... perché secondo la sua "etica professionale", gli uomini sono figli di Dio mentre i gay sono figli di Satana.
Ma questo non è che l'inizio. Se ci si addentra nella sua pagina, infatti, ad accoglierci troviamo una foto della sua mano tenuta ad uncino con un messaggio che inneggia ai gruppi neonazisti russi e spagnoli finiti alla ribalta delle cronache per aver torturato, umiliato e spesso condotto al suicidio decine di gay (il più delle volte nascondendosi dietro alla scusa di presunti reati pedofili). E quell'associazione pare piacere molto anche alla "dottoressa", pronta a sostenere che «l'80% dei reati legati alla pedofilia sono imputabili ad omosessuali» con un evidente intento di associare le due cose. Naturalmente, oltre a non fornire alcuna fonte delle fantomatiche statistiche fornite, non mancano vignette omofobe atte a sostenere che i gay vogliano adottare figli al solo fine di stuprarli (una teoria aberrante sino ad oggi sostenuta solo dalla peggiore propaganda russa).

Occupy Pedophilyaj in Italia. Fra i suoi post compare anche un appello che incita alla creazione in Italia dei gruppi criminali visti in Russia e Spagna. «In meno di 24 ore più di 30000 utenti hanno aderito e appoggiato il progetto spagnolo -dice- E in Italia cosa stiamo aspettando?». La modalità suggerita per aderire al progetto è quella di pubblicare un dito ad uncino (simbolo dei due gruppi neofascisti) come immagine del proprio profilo Facebook.
I primi aderenti non mancano, anche se è difficile non notare come tutti quei profili appaiano creati nello stesso periodo e siano popolati quasi sempre con gli stessi post (il dubbio che siano falsi è più che legittima, ndr). Quegli account sono anche gli stessi che lodano i suoi vaneggiamenti anti-gay all'interno della sua pagina, a volte festeggiando la tragica morte di una lesbica al grido di «Una in meno», altre volte sostenendo che i gay e neri dovrebbero essere obbligati a sedersi sui posti posteriori degli autobus (così come avveniva durante negli anni della segregazione razziale).

Nelson Mandela un criminale. Per meglio comprendere l'ossessione di Ines Brambilla, interessante è il post da lei pubblicato in occasione della scomparsa di Nelson Mandela. La donna non ha dubbi nel definirlo
«solo un altro schifosissimo servo del sistema, nulla più che un criminale. Vorrei ricordare ai più disattenti che è anche grazie a lui se il Sudafrica è l'unico Paese africano ad avere il matrimonio fra persone dello stesso sesso e ad aver approvato la legge liberticida contro la "omofobia". No, io non piango per la sua morte, non potrei essere dispiaciuta per la perdita di un mascalzone servo del sistema come Mandela. Sono sicura che stia bruciando all'inferno, come è giusto che sia. Dottoressa Ines Brambilla».

Meglio gli orfanotrofi dei gay. La sua pagina è ricolma anche di post in cui chiede che ai gay non sia mai permessa l'adozione di bambini, spesso ricorrendo a fotografie prese in contesti assolutamente estranei alla causa per cercare di creare un sentimento di rifiuto (un po' come se si parlasse di genitori etero pubblicando sempre solo immagini di padri di famiglia che vanno con prostitute o che alzano troppo il gomito in discoteca). Ma riguardo a chi crede che sia meglio affidare dei bambini ad una famiglia gay che lasciarli marcire in un orfanotrofio, la "psicologa" fa leva sul suo titolo accademico per sentenziare che «I bambini crescono meglio, da un punto di vista psicologico, in un orfanotrofio, considerando che vengono seguiti da persone che hanno affrontato un percorso di studio e umano che più risponde alle necessità di un bambino, piuttosto che essere allevati da due deviati».

Vicinanza all'estrema destra. Attraverso il suo profilo Facebook è possibile anche cercare di comprendere meglio la sua personalità attraverso l'esame della pagine verso cui ha espresso apprezzamento. Il tutto pare riconducibile a quattro macro-aree: i gruppi anti-gay, i gruppi fascisti, i gruppi razzisti e qualche sito religioso. Si va da "Forza Nuova" a "Dio patria e famiglia", passando per "Benito Mussolini il nostro duce", e "La Vera Destra" (un gruppo che biasima quanti non vogliono più usare il termine "fascista" per identificarsi). Fra le pagine anti-gay troviamo l'immancabile "La Manif Pour Tous", seguita da "No alle adozioni agli omosessuali", "No ai matrimoni gay", "Noi sosteniamo il presidente Putin", "Vladimir Putin Italian Fan Club" e "Contro l'eterofobia". Per quanto riguarda le pagine razziste, infine, oltre a "Gli Italiani non sono razzisti, sono stanchi di questa invasione" troviamo anche alcuni post in cui la signora si vanta di aver contribuito alla chiusura di pagine dedicate alla segnalazione di episodi razzisti.
Particolarmente curiosa, soprattutto per una "psicologa", è la sua adesione ad un gruppo volto a sostenere che l'unica scienza a cui bisogna far riferimento sia la conoscenza di Dio.

Il titolo accademico. Il suo titolo di psicologa viene più volte ribadito anche nei suoi messaggi (con tanto si precisazioni riguardo alla fatica che le sarebbe costato guadagnarselo), quasi come se fosse un'evidenza del fatto che gli altri non abbiano alcuna autorità per poter mettere in discussione le sue teorie anti-gay. Se da un lato è difficile pensare che anni di studi possano condurre a motivare le proprie teorie scientifiche attraverso la citazione di versetti biblici (quasi sempre è il il libro del Levitico ad essere chiamato in causa), dall'altro non passano inosservato come il suo nome non compaia nell'Albo Psicologi Nazionale.
Un'evidenza denunciata lo scorso settembre anche dal gruppo Meladailabrianza tant'è che la signora è corsa subito ai ripari pubblicando la sua versione dei fatti: «sono costretta ad utilizzare uno pseudonimo -dice- considerando la violenza verbale e fisica di diversi esponenti dei movimenti omosessuali. Si, anche fisica; a Madrid sono stata vittima di un attacco da parte di alcuni attivisti, la mia colpa? Aiutare alcuni ragazzi ad abbandonare la loro condizione sessuale che tanto li tormentava. Non siete solo delle vittime, quando volete, siete anche carnefici». Insomma, una motivazione del tutto autoreferenziata senza alcuna prova tangibile: bisogna crederle sulla parola che sia una psicologa, bisogna crederle sulla parola che sia stata aggredita e bisogna ritenerla "vittima" di quella che lei definisce «eterofobia ed eterointolleranza» (che non risulterebbe come l'opposto di nulla dato che la "dottoressa" ha in più occasioni sostenuto che «l'omofobia non esiste»... anche se in quei casi -contrariamente a lei- le vittime hanno un nome, un volto e c'è una denuncia presentata alle autorità, ndr).
E riguardo agli account fake che la spalleggiano? Anche per quelli la signora fornisce una sua versione: «diversi account di diverse persone che commentano nel mio profilo, appartengono ai miei "pazienti" o a dei miei collaboratori, a parte poche eccezioni, anche questi account non sono reali, ossia non rispecchiano la vera persona che sta dietro il pc».

La pericolosità. Appare evidente l'odio e il disprezzo che la signora Brambilla prova nei confronti dell'omosessualità e fa venire la pelle d'oca che l'idea che abbia deciso di dedicare la propria vita alla loro "rieducazione". Come potrebbe mai essere d'aiuto una donna che disprezza la persona che ha davanti? Sarebbe come se un uomo che ha dei problemi con il colore della propria pelle chiedesse aiuto al Ku Klux Klan...
Interessante sarebbe anche capire perché su Internet non ci sono riferimenti al centro milanese presso cui sostiene di lavorare, così come sarebbe interessante capire cosa avviene realmente lì dentro e chi siano le persone sottoposte alle sue terapie" (che la vera scienza sa bene quanto possano essere pericolose e prive di ogni fondamento, ndr). Tra i suoi messaggi Ines Brambilla parla spesso di "ragazzi" e c'è solo da augurarsi che non siano minorenni costretti a quel trattamenti da genitori a cui la donna ha fatto il lavaggio del cervello, magari sulla base dei suoi fanatismi religiosi.
L'appello è quindi alle autorità competenti, con la preghiera che possano indagare per appurare quali siano le reali attività della donna al fine di tutelate i cittadini più deboli che, magari sulla base delle proprie difficoltà ad accettarsi, rischiano rischiano di finire nelle mani di una persona motivata solo dall'odio e dal diprezzo.

L'appoggio di Facebook. Sono mesi che Ines Brambilla è praticamente omnipresente su tutte le pagine (gay ed anti-gay) a sostenere le sue assurde tesi e, nonostante tutti i dubbi che riguardano la sua vera identità, la donna appare tutt'oggi libera di farlo con un titolo che forse neppure le appartiene. Eppure la posizione assunta da Facebook al riguardo appare chiara: cercare di rifondare in Italia i gruppi anti-gay russi (responsabili di numerose morti e violenze in Russia ed Ucraina) o sostenere che i gay vogliano adottare figli al solo fine stuprarli «non viola i nostri Standard della comunità» in merito a «discorsi o simboli di incitazione all'odio».
Insomma, per il social network (che in più occasioni ha ritenuto offensivi dei semplici baci scambiati fra persone dello stesso sesso) non ci sono problemi nello scrivere messaggi o commenti che incitano azioni ed aggressioni fisiche sulla base dell'orientamento sessuale.
Un appoggio neppure troppo univoco se si considera anche il caso di Pilla Pilla (il gruppo anti-gay spagnolo) la cui pagina è stata chiusa dopo le proteste dei principali organi di informazione del Paese e che ora appare essere stata riaperta come se nulla fosse: segnalandola, però, una risposta immediata ci informa che quei contenuti (atti ad organizzare agguati ai gay spagnoli) «non violano i nostri Standard della comunità».
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