Secondo l'Unione giuristi cattolici italiani, è l'Europa a dire che il matrimonio è solo fra uomo e donna


Dopo la sentenza del tribunale di Grosseto che ha intimato al comune la trascrizione di un matrimonio gay celebrato a New York, il mondo cattolico è partito al contrattacco. Se Angelo Bagnasco ha lanciato moniti contro al decisione, la rivista cattolica Tempi ha cercato di screditarla attraverso un'intervista a Giancarlo Cerrelli, vicepresidente nazionale dell'Unione giuristi cattolici italiani.
nell'introduzione di sostiene che sentenza è stata presentata come non contraria alla Costituzione «perché l'articolo 29 non specifica il sesso dei coniugi», ma si dimentica che «l'articolo 29 della Costituzione che parla di famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, [...] l'articolo 143 del Codice Civile che parla di "marito" e "moglie", così come altre norme dell'ordinamento giuridico che fanno riferimento agli stessi termini».
Peccato che «società naturale» non sia sinonimo di «eterosessuale» e che il giudice abbia chiaramente parlato delle leggi sulla trascrizione e non di quelle che regolano la celebrazione di matrimoni (che, per l'appunto, restano vietati a causa di quell'articolo di legge).
Cerrelli si dice pronto a sostenere che «Il giudice di Grosseto, oltre a non tenere conto del Codice civile, non ha nemmeno tenuto conto della stessa giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo che, pur affermando che la nozione di matrimonio si applica anche a quello fra persone dello stesso sesso, non obbliga gli Stati a raggiungere tale risultato e che spetta al legislatore legiferare in materia. Esistono alcuni limiti insuperabili che nemmeno un giudice può valicare».
L'uomo ha poi spiegato che non sono da ritenersi validi i riferimenti alla sentenza 4184 pronunciata il 15 marzo 2012 della Cassazione (secondo la quale «le coppie dello stesso sesso hanno diritto a un trattamento omogeneo rispetto a quelle eterosessuali») dato che gli stessi giudici avevano riconosciuto un vuoto legislativo ed avevano rimandato il compito di colmarlo all'esecutivo (ma ovviamente la politica non ha mai fatto nulla in tal senso), così come si è respinto al mittente quanto scritto nella Convenzione europea dei diritto dell'uomo dato che il documento non è vincolante per gli stati membri: «La Cedu riconosce il matrimonio omosessuale, ma questo non significa che l'Italia debba farlo».

Per rafforzare la propria tesi Cerrelli ha poi aggiunto: «La Corte di Giustizia Europea, che ha sede in Lussemburgo, in una sentenza del 25 aprile 2013 nella causa C-81/12 (Asociaţia ACCEPT contro Consiliul Naţional pentru Combaterea Discriminări) ha affermato che il termine "matrimonio" designa un'unione fra due persone di sesso diverso non assimilabile ad altre forme di unioni e che eventuali disparità di trattamento vanno affrontate e risolte sul piano dei diritti individuali».
Nell'ipotesi che non ci sia stato un errore nella citazione (numeri, date e titoli tornano), si rimarrà stupiti nel notare come in quella sentenza non compaia mai il termine "matrimonio" e che forse non avrebbe molto senso trovarlo dato che la causa riguardava un uomo che ha denunciato il suo datore di lavoro dopo che quest'ultimo gli aveva detto che non avrebbe mai assunto un gay... perché mai i giudici avrebbero dovuto tirare in ballo i matrimoni in una causa legata al mondo del lavoro?
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