La Lombardia intima ai sindaci il rispetto della circolare di Alfano ed invita i prefetti ad intervenire


Non pago di aver già approvato la mozione omofoba scritta dai Giuristi per la vita, il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato oggi una mozione proposta dal Ncd che chiede al Presidente della Regione di diffidare i Sindaci dal trascrivere nei registri dello stato civile i matrimoni fra omosessuali celebrati all'estero.
Come in un copione già visto, il partito di Alfano non ha mancato di tirare in causa affermazioni poco condivise come il ritenere che l'articolo 29 della costituzione si rivolga esclusivamente alle coppie formate da un uomo e una donna nonostante il sesso dei coniugi non sia menzionato. Il tutto finendo con l'intimare ai sindaci al rispetto della circolare di Alfano anche se quel testo contrasta con il diritto europeo (curiosamente mai citato nella mozione) e paia un atto illegale alla luce dell'articolo 95 del d.p.r 396/2000.
Ma non solo. Il Consiglio regionale della Lombardia invita il legislatore ad un riconoscimento delle unioni civili gay solo a patto che non ottengano i diritti che -a loro parere- devono essere riservati esclusivamente alla coppie eterosessuali (creando di fatto dei cittadini di serie b che contrastino con l'articolo 3 della Costituzione, anche in questo caso curiosamente mai citato.
Iolanda Nanni, consigliere regionale del M5S, ha commentato: «Si tratta dell'ennesimo atto demagogico presentato dalla maggioranza che attesta solo lo scollamento di questi rappresentanti istituzionali dalla società e dall'evoluzione della famiglia: peraltro, la trascrizione dei matrimoni omosessuali contratti all'estero da parte dei Comuni non è materia di competenza regionale; come M5S da tempo denunciamo l'uso propagandistico e demagogico delle funzioni del Consiglio regionale e siamo di fronte all'ennesimo caso di uso strumentale di quest'Aula, mentre la Regione avrebbe bisogno che discutessimo urgentemente e senza perdere tempo le importanti e complesse tematiche di nostra competenza».
Il movimento ha espresso anche «ferma contrarietà per questa mozione che si fonda su premesse giuridiche inconsistenti, in quanto richiama la giurisprudenza della Corte costituzionale che con la sentenza n. 138 del 2010 stabilisce che il riconoscimento delle famiglie omosessuali non è in alcun modo vietato dalla Costituzione e che tale materia è oggetto delle competenze del Legislatore il quale, se ne avesse la volontà politica, potrebbe più che legittimamente inserire nell'ordinamento tutele delle famiglie omosessuali, nonché il riconoscimento dei loro diritti. La sentenza n. 138 del 2010 della Corte Costituzionale è quindi richiamata, all'interno della mozione, in modo del tutto fuorviante e strumentale [...] La mozione fa inoltre riferimento all'ordinamento comunitario, anche in questo caso in modo strumentale e fuorviante: l'ordinamento comunitario, ad oggi sul punto inapplicato e disatteso in Italia, prevede la tutela dei diritti LGBT e delle famiglie omosessuali. Insomma la mozione si fonda su richiami giuridici ed ordinamentali che in realtà smentiscono le conclusioni a cui giunge la mozione stessa: questo è un capolavoro di ipocrisia e disonestà intellettuale, ed è purtroppo un triste tentativo di fare demagogia e propaganda politica sulla vita delle famiglie omosessuali».
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