Roma, approvato il registo delle unioni civili


Con 32 voti favorevoli, 10 contrari e 1 astenuto il Consiglio Comunale di Roma ha approvato l'istituzione di un registro delle coppie di fatto. Il provvedimento era in discussione in aula da ben 18 mesi.
Il provvedimento era stato rimandato a causa dell'ostruzionismo manifestato ieri dai banchi del centro destra, al punto che ad inizio seduta la presidente Valeria Baglio ha dovuto ricordare che «non è possibile esporre cartelli, né invadere lo spazio dedicato ai consiglieri, né interromperei i lavori».
Polemiche riguardano l'emendamento votato dal Pd che richiedere la preventiva e «dimostrata coabitazione» per 12 mesi tra le due persone che intendono accedere al Registro delle Unioni Civili, introducendo un prerequisito che difficilmente potrà essere soddisfatto dato che bisognerà "provare" un qualcosa che non sarà soddisfatto dall'indicazione della medesima residenza.
Tra le dichiarazioni di voto dei contrari, le motivazioni addotte sono le solite: non è un'urgenza, non produrrà effetti, non è prioritario, non serve... non male per chi è dal 2007 che sta lottando con ogni mezzo per impedire l'approvazione di un provvedimento che possa riconoscere quantomeno la dignità delle coppie, soprattutto di quelle formate dallo stesso sesso che sono esclude da ogni altra forma di tutela giuridica. Indicativo è anche il continuo riferimento a versetti biblici, parole di vescovi o genuflessioni verso il Vaticano, quasi come se non vivessimo in uno stato laico (Gianluca Peciola si è spinto sino a definirlo «una delibera anticlericale»).
Curiosa è stata la posizione di De Paolo, pronto a sostenere che i diritti siano vincolati ai numeri: «Se l'1% dei cittadini non si iscriverà al registro nel prossimo anno -ha sostenuto- aboliamolo e non parliamone più a livello nazionale. Perché questo è un Paese virtuale che non ci rappresenta».
Immancabile è stato anche lo show di Pomarici (Lega), pronto a sostenete che il provvedimento sia «dannoso» perché «non ha effetti» e «sottrae risorse delle famiglie fondate sul matrimonio». Poi, dopo un fiume di parole inutili, è giunto al nocciolo della questione: «Ritengo questo provvedimento come una breccia per arrivare al riconoscimento dei matrimoni gay». Non ha mancato di minacciare ricorsi legali penali per cercare di affondare la norma dato che «la famiglia è solo una, quella riconosciuta dai miei principi». Poi si è lanciato sino a chiedere «Chi di voi avrà la forza di inchinarsi davanti al santo Padre dopo questo provvedimento?».
Sulla stessa linea è anche Forza Italia, pronta a sostenere possibili ripercussioni penali nei confronti degli ufficiali che daranno seguito alla delibera, augurandosi che il prefetto accolga la sua diffida per l'annullamento del voto sulla base dello stralcio si alcune migliaia di emendamenti. Confermata è la distanza dagli impegni presi dalla Pascale a nome di Berlusconi.
Tra i favorevoli, Svetlana Celli ha preferito puntare sulla menzione della Costituzione, ricordando come l'articolo 3 riconosca piena eguaglianza «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
All'esterno decine e decine di ragazzi hanno organizzato un flashmob con cartelli raffiguranti un cuore «a simboleggiare che tutti gli amori sono diversi ma vogliono uguali diritti». Ad oggi 160 città italiane hanno istituito un registro delle unioni di fatto.
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