Lo spot del "family day" attacca Leelah Alcorn, l'adolescente spinta al suicidio dall'omofobia della sua famiglia


Gianfranco Amato, Costanza Miriano, Massimo Gandolfini e Simone Pillon. Sono loro i protagonisti di un vergognoso spot realizzato per promuovere il "family day" che il prossimo 20 giugno porterà l'integralismo cattolico a chiedere che i diritti siano concessi sulla base di un diritto di nascita basato sull'orientamento sessuale.
Nel filmato c'è un po' di tutto: dal solito tormentone di Amato che presenta la sua lettura della costituzione , a chi sostiene che il governo debba occuparsi di lavoro e non di diritti civili. Il tutto passando per i soliti slogan volti a sostenere che l'eguaglianza sia «una minaccia», nei confronti di chi oggi gode di privilegi bastai su un diritto di nascita legato all'orientamento sessuale. Ma se quelli sono tutti discorsi tristemente già sentiti, è la scelta delle immagini a mostrate tutto il cinismo e alla crudeltà di certi personaggi.

Il gruppo omofobo ha infatti utilizzato alcune fotografie di Leelah Alcorn, la giovanissima trangender statunitense che si è tolta la vita dopo che i suoi genitori avevano rifiutato la sua sessualità e le avevano praticamente impedito di vivere nel nome delle loro convinzioni religiose.
Nata in una famiglia cristiana, si era vista negare la possibilità di poter avviare un percorso di transizione verso l'altro sesso. I genitori preferirono affidarla alle cure di alcuni gruppi cristiani che sostenevano di poter "curare" la sua identità di genere, provvedendo anche a relegarla in casa nella convinzione che la sua sessualità potesse essere stata inculcata da amicizie sbagliate. Il 28 dicembre 2014, durante le feste di Natale, Leelah si lanciò sotto un tir in una strada vicino casa. Nella sua lettera d'addio, la ragazza ha spiegato nel dettaglio cosa abbia subito e cosa l'abbia spinta a quell'estremo gesto: il rifiuto della famiglia l'aveva condotta ad uno stato di isolamento e di alienazione insopportabili.
Persino dopo la sua morte, la madre non ha mai smesso di andare in giro a dire che la figlia (che lei chiamava solo con il nome maschile) fosse «contrario ai miei principi religiosi». Il desiderio di essere chiamata con il suo nome femminile venne calpestato dai genitori anche durante la sepoltura: nonostante una mobilitazione nazionale, sulla lapida della ragazza oggi c'è il nome il maschile contro il quale ha lottato per la sua intera vita.

Il Senatore Sergio Lo Giudice è stato il primo a denunciare quel video ed ha commentato indignato l'uso che il gruppo ha fatto dell'immagine di Leelah: «È una violazione intollerabile della sua memoria che le sue immagini vengano utilizzate per promuovere paura e disprezzo verso altri ragazzi e ragazze. Voi "difensori dei vostri figli", ricordate che Leelah era una di loro, uccisa dalla sfortuna di essere capitata in una delle vostre famiglie», ha tuonato.

Arcigay parla di «Un atto ignobile» e sottolinea come «il vero pericolo per i figli è avere genitori capaci di arrivare a tanto». «L'estremo cinismo e la sfacciata immoralità di questo gesto -afferma Romani- svelano inequivocabilmente la natura e i valori della battaglia di questi fanatici. Infierire sulla morte di una diciassettenne, vittima della stessa violenta ignoranza di chi oggi diffonde quello spot, è deplorevole e spaventoso: sono questi mostri il vero pericolo, il loro odio e la loro spregiudicatezza dovrebbero allarmare tutte e tutti».

Il video risulta attualmente in diffusione sui canali di alcune associazioni che sono parte del comitato organizzatore, come nel caso dell'associazione ProVita.


Clicca qui per guardare il video realizzato dal gruppo omofobo.
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