Il Family day esige «l'uccisione» dei gay attraverso «l'arma della tirannia»


Sono vere e proprie pillole di omofobia quelle proposte dal comitato organizzatore del Family day. Non è chiaro se quelle immagini siano state proiettate anche in piazza, di certo sono state propinate ha chi ha seguito la manifestazione attraverso il loro streaming video. Nonostante un simile miscuglio di mistificazioni possa causare gastriti ed innalzamenti della pressione, la visione di quel materiale può risultare molti interessante anche per osservare le contraddizioni dell'ideologia di quel movimento.

La carrellata si apre con un tizio in camice che si lancia nel sostenere che «togliere ad un uomo il diritto ad un matrimonio coniugale, ad esprimere le proprie idee, ad educare i propri figli, vuol dire ucciderlo con l'arma della tirannide». Il tutto, incredibilmente, riferito alle coppie eterosessuali. È infatti questa la motivazione con cui l'uomo invita a scendere in piazza (che lui definisce «un grande pronto soccorso contro l'infezione del gender») per chiedere che i gay siano privati del diritto ad un matrimonio coniugale attraverso l'affossamento dell progetto sulle unioni civili. Per proprietà transitiva, dunque, l'uomo stava invitando i presenti ad uccidere i gay con l'arma della tirannia.

La seconda pillola ci mostra un altro tizio che parla di «utero in affitto» e «maternità surrogata» come di «un mercato che sta prepotentemente entrando nel nostro sociale che sfrutta la figura femminile privandola della propria dignità. Madri surrogate, madri che vengono affittate da single e coppie sterili per portare avanti un'intera gravidanza. Donne che provengono da Paesi meno sviluppati come l'Africa, l'India, Sudamerica. Donne che per avere qualche soldino in tasca offrono il loro corpo».
Interessante è notare come abbia citato l'India, un Paese che dal 2013 riserva tali pratiche alle sole coppie eterosessuali. Se è pur vero che nel suo discorso l'uomo parla di single e coppie sterili, poco chiaro è perché mai l'intervento sia stato utilizzato per aizzare la folla contro l'adozione da parte delle coppie gay (quasi fossero loro a ricorrere ad uteri in affitto, così come poco dopo ha sostenuto Adinolfi dal palco attraverso i suoi consueti insulti al figlio di Elton John).
Altrettanto interessante è come si sostenga che tutte le donne che pratichino la maternità surrogata siano povere e disperate. Se così fosse, è forse togliendo loro un introito che si intende sperare che il loro bisogno svanisca? E in quale modo il mancato riconoscimento dei diritti delle famiglie lgbt dovrebbe portare gli etero a smettere di viaggiare in India alla ricerca di madri per i loro figli?

Il terzo individuo si commenta da sé, perché il suo sostenere che la crisi economica passerà solo se i diritti dei gay saranno negati è un vero e proprio insulto all'intelligenza umana. Allo stesso modo è poco chiaro come possa dire di «non essere contro nessuno» mentre chiede «rispetto verso i propri figli e per le nostre famiglie fondate sull'unione di un uomo e di una donna». A meno che le parole non abbiano peso il proprio significato, si è necessariamente contro qualcuno se si vuole negare il diritto all'esistenza altrui e se si sostiene che i diritti degli altri siano «una mancanza di rispetto» verso chi non vuole concederli perché ritiene di non averne bisogno per sé stesso.
Intollerabile è anche il suo il sostenere che i «abbia il diritto di educare i propri figli secondo i propri principi religiosi e morali» nel momento stesso in cui con quei termini si rivendica il diritto alla disinformazione e all'ignoranza che possa portare all'insorgere dell'odio.

La quarta "testimonianza" ci mostra una donna che spiega una sua visione personale delle teorie del gender che, a suo dire, porterebbe a «cancellare la differenza sessuale» e a «fare finta che anche due uomini o due donne possano avere un bambino». Dice anche che «nonni e zii possono aiutare ad educare appropriatemene un bambino, ma non per questo si fanno leggi per cui nonni o zii possono diventare genitori legali di quel bambino». Peccato che quelle leggi siano state fatte: ad esempio, nel caso di decessi dei genitori, capita spesso che i giudici possano affidarne la tutela legare a nonni e zii...
Ma la donna non desiste e si lancia nel sostenere che l'approvazione delle unioni civili fra persone dello stesso porterebbe ad un «rovesciamento» dei principi dell'adozioni dato che «se un bambino senza più genitori ha diritto ad averne, nelle unioni omosessuali simil-matrimoniali sono le coppie omosessuali che hanno il diritto ad avere un bambino». Cosa dovrebbe portare a questa rivoluzione non viene spiegato. Difficile è comprendere perché non continuerà ad avere il sopravvento l'interesse del minore così come attualmente avviene ovunque, anche laddove sono stati approvati i matrimoni egualitari.

Segue una donna in camice che non cita alcuno studio preciso ma sostiene che la scienza sia certa che la differenza dei sessi serva per «una crescita e maturazione ottimale del bambino». In realtà negli ultimi 15 anni c'è stato solo unico studio a sostenere tale teoria e l'autore è attualmente sotto indagine per aver falsificato i dati che hanno condotto alla sua tesi.
La donna racconta anche «il caso di una bambina di cinque anni a cui, all'insaputa dei genitori, è stata letta una favola di un certo Zaff» ed «era bastata una favoletta letta in classe con l'autorità che deriva dalla presenza dell'insegnante perché la bambina avesse già assorbito la lezione: essere maschi e femmine è la stessa cosa e l'uno può diventare l'altro semplicemente per volontà».
In realtà la morale del libro non è esattamente quella. Zaff è un bambino che vuole fare la principessa ma i suoi amici reagiranno dicendogli: «Ma Zaff, tu sei maschio. Puoi fare il re, il principe, il meccanico, l'ingegnere, il maresciallo dei carabinieri... ma la principessa proprio no!». Altrettanto esplicito è il finale con cui Zaff conona il suo sogno e la favola sentenzia che «scoprirono il segreto per vivere per sempre felici e contenti: essere ciò che sentivamo di essere, senza vergognarsene mai». Ed ovviamente «essere ciò che si è» non significa «scegliere» sull'onda del momento.

Tra gli interventi non poteva mancare quello di Giancarlo Cerrelli, vicepresidente dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani e noto per aver sostenuto che l'omosessualità sia una malattia.Dice che «si potrà scegliere tra tanti modelli familiari in base ai propri desideri e ai propri gusti sessuali. E alla fine si potrà entrare e uscire da questa struttura tutte le volte che si vorrà». Poco chiaro è cosa dovrebbe scatenare tale effetto, al punto che il suo discorso parrebbe più adatto ad un divorziato come Adinolfi (che è uscito da una famiglia per formarsene un'altra) piuttosto che una coppia gay che magari vive stabilmente insieme da cinquant'anni.
Ma assai più interessante è come quello stesso gruppo che marcia sul sostenere che la Costituzione difenda le unioni eterosessuali (a detta loro "implicitamente" dato che non c'è un solo termine che faccia riferimento ai sessi dei coniugi) poi si scagli con violenza contro la Corte Costituzionale che nel 2008 ha sentenziato che «l'autorità scolastica ha diritto ad attuare programmi scolastici e indirizzi didattici anche in contrasto con l'indirizzo educativo delle famiglie».
Vien da sé che il principio della decisione fosse l'interesse del minore a poter avere tutte le informazioni necessarie al proprio sviluppo anche se nato in famiglie svantaggiate o intrise d'odio. Ma chi sostiene di voler «difendere i bambini» rivendica anche il diritto di poter scegliere cosa debbano conoscere, cosa debbano diventare e come debbano essere al di la dei loro diritti inviolabili. Curioso.

Non poteva poi mancare quello che parla di «scelte politiche affrettate» chiedendo che il dibattito si protragga ancora dopo essere già durato decenni e decenni. In altre parole, i diritti altrui possono aspettare all'infinito. Al limite del tragicomico è il suo sostenere che i presenti alla manifestazione abbiano il dovere di continuare «un dialogo costruttivo» (si vede quanto è costruttivo, ndr) prima di lanciarsi nell'affermare che compito delle istituzioni debba essere quello di portare i giovani a formare una famiglia (evidentemente intesa come formata da un uomo e una donna rigorosamente eterosessuali).

L'ultima figura riguarda «una mamma» che a stento riesca a parlare in italiano ma che non ha dubbi sul fatto che ai figli venissero lette «delle storie con famiglie omogenitoriali» da lei ritenute «inopportune». Ma, ahinoi, la censura praticata al video dai paladini della libertà di espressione non ci ha permesso di scoprire dove la donna volesse andare a parare a causa di un grossolano taglio al filmato.

Clicca qui per guardare le piccole di omofobia confezionate dagli organizzatori.
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