La coda di paglia dell'Uccr: mente attacca chi li contesta, con l'altra mano nasconde le prove

Ci siamo già occupati dell'articolo in cui il gruppo integralista Uccr si è lanciato nel sostenere che l'omofobia non sarebbe da ritenersi una causa per i suicidi dei gay, sostenendo che le persone lgbt si toglierebbero la vita perché disagiati e non certo perché vittima di quella persecuzione ideologica che loro stessi contribuiscono a creare. Per sostenere tale tesi, l'Uccr aveva anche tirato un ballo uno studio scientifico svedese che sostenevano fosse la prova della loro teoria. Il 24 maggio 2016 scrivevano:

Quasi sempre le associazioni Lgbt giustificano questi dati accusando la società di omofobia: le generalizzate discriminazioni nei loro confronti porterebbero le persone omosessuali a soffrire di questi disturbi. Una spiegazione che tuttavia è stata ancora una volta smentita da una ricerca pubblicata recentemente sull’European Journal of Epidemiology, in cui i ricercatori hanno valutato il tasso di suicidio in Svezia, confrontando coppie omosessuali sposate a coppie eterosessuali sposate.

Peccato che gli autori dello studio citato abbiano contestato questa tesi, sottolineando come la loro teoria si sarebbe trattato di conclusioni basate su presupposti errati e su una errata lettura dei dati dello studio scientifico. Ma, anche di fronte all'evidenza, l'Uccr è andata dritta per la sua strada e il 1° giugno 2016 ha pubblicato un update in cui sostenevano che il collegamento fra i suicidi e la discriminazione fossero da ritenersi un'opinione personale» della ricercatrice e che la verità rivelata era il loro sostenere che non centrassero nulla e che gli omofobi non dovessero in alcun modo sentirsi responsabili di tutte quelle giovani vite stroncate dal loro pregiudizio.

Intanto, lontani da occhi indiscreti, quelli dell'Uccr hanno attaccato l'attivista che si era permesso di segnalare il loro articolo ai ricercatori da loro citati. Con la solita arroganza che contraddistingue l'integralismo, uno di loro spiega che «non ho letto» e «nemmeno interessano» le argomentazioni presentategli contro quanto scritto e si precisa che «a replica della ricercatrice e il chiarimento sotto l'articolo è dovuto ai lettori, all'amore alla verità e alla precisione, non certo per replicare a qualche militante lgbt». Precisato che loro hanno «amici avvocati», si passa ad insultare la ricercatrice: «Dille che non avevamo dubbi che fosse una propugnatrice arcobaleno, sarebbe infatti impensabile per una persona non ideologicamente coinvolta sostenere che i minimi tassi di omofobia svedese possano produrre gli altissimi tassi di suicidio che ha trovato tra la popolazione omosessuale. Il suo studio è un autogol che useremo e sarà usato nella sua più corretta interpretazione, cioè quella che abbiamo dato».
Grazie ad un nuovo video realizzato da Gallo Verde (che già contattò i responsabili dello studio) si apprende che l'Uccr si dica convinto che i dati scientifici debbano essere «interpretati» e che loro si premureranno «di usali» contro la dignità della popolazione lgbt sulla base del significato che loro gli «hanno dato» nella totale noncuranza di come la ricerca avesse portato a teorie diametralmente opposte. Il tutto sostenendo che loro siano alla ricerca della «verità» anche se pare difficile che la potranno mai trovare se la vogliono decidere a tavolino per poi reinterpretare il mondo in una chiave volta a sostenerla.

A tanta ostentata sicurezza, però, pare corrispondere anche una vergognosa coda di paglia. L'8 giugno l'articolo è miracolosamente cambiato e nella sua nuova versione l'ostentata certezza riguardo alle tesi attribuite allo studio vengono ora introdotti da un «a nostro avviso».
Peccato che la correzione in sordina di un articolo pubblicato settimane prima sembri più un tentativo per evirate denunce penali e non certo per informare del loro errore i lettori. Senza smentite più significative, pare infatti improbabile pensare che andranno a rileggersi un articolo pubblicate settimane prima per verificare se ci siano incisi che vadano a smentire quelle tesi che sono state loro propinate come una verità rivelata.

La gravità del fatto pare confermato anche dalla violenza che quegli articoli sono in grado di generare, così come pare possibile appurare leggendo i commenti lasciati dai loro lettori. Se pare evidente che chi legga quelle pagine sia alla ricerca di una legittimazione all'odio e non certo di una verità sui temi affrontati, il tentativo di assolvere gli omofobi e gli impliciti riferimenti volti a sostenere che l'omosessualità debba essere vista come una "patologia" portano a legittimare posizioni sempre più violente.

Ed è così che i loro lettori se ne stanno lì a discutere su quanto siano malati e cattivi i gay, giungendo sino a scrivere commenti come:


Qualora ce ne fosse bisogno, per comprendere come dietro a questa incessante promozione dell'odio ci siano sempre gli stessi volti è sufficiente dare uno sguardo agli amici dell'esponente Uccr. Tra loro ci sono i redattori di ProVita Onlus, gli esponenti della Manif pour tous, la seconda moglie di Mario Adinolfi, il cassiere (e fratello) di Gianfranco Amato, il sedicente ex-gay Luca di Tolve, il sedicente ex-gay anonimo Eliseo nel Deserto, Filippo Savarese, il direttore de La Nuova Bussola Quotidiana e de Il Timone Riccardo Cascioli, Filippo Fiani di Terranova, Rita Sberna di CristianiToday, Simone Pillon, Alida Vismara (la casalinga svizzera che vuole "curare" i gay) e Marco Invernizzi di Alleanza Cattolica. Insomma, sempre loro. Un manipolo di poche persone che vuole negare il diritto alla vita a migliaia di persone nel nome del loro più bieco pregiudizio.


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