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L'India ha depenalizzato l'omosessualità

Con il voto unanime dei cinque giudici della Corte Suprema, l'India ha deciso l'illegittimità della norma che criminalizzava l'omosessualità. Sino ad oggi, il sesso consensuale tra persone dello stesso tempo poteva costare una condanna all'ergastolo.
Nella sentenza si sancisce che «qualsiasi rapporto sessuale consensuale tra due adulti consenzienti –omosessuali, eterosessuali o lesbiche– non può essere ritenuto incostituzionale».

Eredità dell'epoca coloniale britannica, è dal 1861 che la sezione 377 del codice civile vietava qualunque attività ritenuta «contro l'ordine della natura». In quella definizione venivano fatti rientrare i rapporti gay o non monogami (quindi, in virtù dei suoi molteplici matrimoni, anche Adinolfi sarebbe stato giudicato contro-natura). Nel 2009 l'Alta Corte di Delhi sancì che la norma violasse i diritti umani, ma solo quattro anni dopo, la Corte Suprema ribaltò la sentenza e reintrodusse la criminalizzazione dell'omosessualità nel plauso del fondamentalismo cattolico nostrano.

Le Le Nazioni Unite hanno accolto con favore la sentenza odierna, auspicandosi «che la sentenza della corte sarà il primo passo per garantire l'intera gamma dei diritti fondamentali alle persone LGBTI». In particolar modo si chiedono «sforzi per eliminare lo stigma e la discriminazione contro le persone LGBTI» e «l'accesso alla giustizia, comprese indagini sugli atti di violenza e di discriminazione».


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