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Il Giornale aizza i suoi lettori contro il Mucacassassina: «I frocioni vanno rieducati perché anormali inclini alle orge. Speriamo che gli islamici li uccidano»

Quella che Il Giornale spaccia per una "inchiesta" ha tutta l'aria di essere l'ennesimo articolo di promozione all'odio con cui il quotidiano di estrema destra tenta di promuovere l'idea che i gay siano degli zozzoni drogati che pensano solo al sesso.

Tale Elena Barlozzari firma un articolo dal titolo "Nel tempio dello sballo Lgbt: Uomo e donna sono idee superate, c'è solo il sesso" in cui scrive:

Scatole di cemento armato dove natiche fasciate in lingerie di latex si dimenano a tempo di musica. Di notte la Capitale assume fisionomie nuove. Cambia pelle, identità, sapore. Diventa sensuale e lasciva. Uno dei luoghi simbolo della trasgressione notturna è sicuramente il "Muccassassina", la serata gay più famosa d’Italia che venerdì scorso ha inaugurato la trentesima stagione al Qube di Casal Bertone.

Se pare evidente il tentativo di descrivere una discoteca come un bordello, la donna inizia ad aggiungere dettagli ininfluenti che paiono mirare solo ad accrescere l'odio dei suoi lettori:

Il locale di via di Portonaccio 212, finito al centro delle polemiche dopo che due ragazzi in preda ai fumi dell’alcol hanno investito due buttafuori, ospita ormai da anni l’appuntamento dance di riferimento della comunità lesbica, gay, bisex, queer ed eterofriendly italiana. La parola d’ordine per gli avventori è una sola: libertà. Una libertà che si declina negli abiti succinti e stravaganti delle drag queen che si esibiscono sul palco e non solo. “È divertente perché è libero, non ci sono pregiudizi, vieni qui e ti ubriachi forte”, sintetizza un ragazzo che incontriamo all’ingresso del club. “Gira un po’ di cocaina, come in ogni locale notturno, però – assicura – questa è una delle serate più tranquille della Capitale perché la gente invece di picchiarsi fa l’amore”.

Sempre sostenendo che i gay siano bestie che si strusciano come aimali, la "giornalista" passa ad affermare, presentando opinioni singole come dogmi da attribuire ad intere collettività:

Qui non esistono tabù. La lingua comune all’umanità varia che affolla la pista da ballo è quella del corpo. Corpi che si dimenano, corpi che vengono esibiti come trofei, corpi che si abbandonano a baci saffici e palpeggiamenti. “Uomo e donna – sostiene un ragazzo sulla trentina – sono categorie superate: esiste solo il sesso”. “Questa è una casa dove ognuno può essere sé stesso, al di là di schemi e convenzioni retrograde”, ci dicono gli organizzatori che hanno preso in prestito all’opera di Verdi il nome "La Traviata" per lanciare la festa di apertura. Un gioco di parole che ribadisce l’anima trasgressiva dell’appuntamento.

Ed immancabile è il sostener che quei maledetti gay non amano il loro Matteo Salvini, il padano che loro sostengono "difenda la famiglia tradizionale" facendo ballate le tette delle cubiste del Papeete dopo essersi vantato di aver mollato moglie e figli per portarsi a letto una ragazzina che aveva la metà dei suoi anni:

“È per questo – dice Sebastiano Secci, presidente del circolo – che il Muccassassina è un punto fondamentale per la cultura Lgbt italiana, abbiamo ancora tante battaglie da combattere: il matrimonio per tutti e tutte, la lotta all’Hiv e alle altre malattie sessualmente trasmissibili, quella all’omotransfobia e per i diritti dei nostri figli”. Ecco perché, sebbene le porte del Muccassassina siano aperte a tutte le varianti sessuali conosciute e non, parlando di personaggi politici c’è da fare qualche distinguo. “Se fosse per me – ammette Longobardi – Salvini non lo farei entrare”. Così come in passato, ci rivela Secci, sono stati respinti alcuni esponenti di centrodestra che avrebbero cercato di intrufolarsi alla serata.

Tra i commenti è il solito tripudio d'odio, con leghisti che fanno a gara a chi si dimostra il più bestia tra le bestie. Scrivono:

Ovviamente questi sono solo i commenti che la redazione de Il Giornale ha validato e pubblicato, forse ritenendo che insulti e offese gratuite siano conformi alla loro linea editoriale.


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