La Cedu condanna la Russia per l'arresto dei manifestanti lgbt. Il Cremlino dovrà risarcirli
La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha stabilito che la Russia abbia illegalmente violato il diritto degli attivisti lgbt di poter protestare contro il loro disegno di legge sulla cosiddetta "propaganda gay".
I fatti si riferiscono al 6 giugno 2013, quando alcuni attivisti sono stati arrestati, condannati e multati per "reati amministrativi" a fronte del loro manifestare pacificamente davanti alla Duma contro il disegno di legge che avrebbe vietato la cosiddetta "promozione di rapporti sessuali non tradizionali tra minori". La stessa sorte non ha però coinvolto gli attivisti cristiani ortodossi conservatori che li hanno aggrediti brandendo icone religiose al grido de "La Russia non è Sodoma".
La massima Corte per i diritti umani ha così concluso che le misure adottate contro i manifestanti "non corrispondevano a un bisogno sociale urgente e quindi non erano necessarie in una società democratica" ed ha disposto un risarcimento di 5mila euro per ciascun fermato. I giudici hanno anche respinto la "giustificazione" del governo russo, il quale ha sostenuto che gli arresti non fossero legato all'orientamento sessuale dei fermati, riscontrando invece violazioni del diritto alla libertà e alla sicurezza e del diritto a un processo equo in relazione a tutti i ricorrenti. I loro arrestisono stati giudicati arbitrari e il procedimento amministrativo, considerato nel suo insieme, non ha consentito loro un equo processo.
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