L'Uccr difende Barilla e parla di «omofascismo»


L' Unione Cristiani Cattolici Razionali torna all'attacco della comunità gay e lo fa prendendo spunto dalleparole di Guido Barilla e dal pessimo articolo di Domenico Naso apparso su "Il Fatto Quotidiano" (di cui ci siamo già occupati qualche giorno fa) che riportava solo in parte le affermazioni contestate (eliminando dunque il legame fra le parole in cui Barilla ha invitato quanti non fossero d'accordo con la sua visione di famiglia ad acquistare altre marche e l'idea del "boicottaggio").
Decontestualizzata la questione, dunque, l'Uccr parte alla carica della fantomatica «lobby gay» (ormai scritta senza virgolette, quasi come se il termine fosse stato abusato a sufficienza per poter essere presentato come una realtà assoluta) a cui vengono poi affiancate altre definizioni inaccettabili, importate direttamente dagli ambienti di estrema destra, come «Gaystapo», «omonazismo», «omofascismo» ed «omocrazia».
Ed è così che la rivista inizia con il tentare di convincere i propri lettori che è la maggioranza ad essere contro i gay, scrivendo: «Tantissime persone, molte distanti dal dibattito sull'omosessualità e sulle unioni civili, hanno preso posizione a favore di Barilla e della libertà d'opinione, esauste di queste campagne intimidatorie». Ecco, dunque, che la libertà dell'acquirente nel decidere che cosa comprare e non comprare viene presentata come una violazione della libertà altrui ed i gay vengono dipinti come i violenti che vogliono intimidire gli altri (peccato che, soprattutto con il voto della legge contro l'omofobia, si sia visto quanto poco sia il loro peso di fonte al volere cattolico, ndr).
Ma non solo, l'articolo prosegue raccontando che «proprio dall'inizio della rovente polemica, il numero di simpatizzanti della pagina ufficiale di Barilla su Facebook (ed altre ad essa collegate), anziché decrescere sono aumentati vertiginosamente». Come dire, sii pure razzista che la gente ti darà ragione! Ed è proprio quello pare asseriscano nel sostenere che «Qualcuno avrebbe dovuto dirlo al dott. Barilla, per lo meno si sarebbe evitato la misera figura della ritrattazione».

Una domanda però viene spontanea. Se io dicessi che non voglio persone di colore nei miei spot perché i miei valori sono diversi e io preferisco una famiglia composta esclusivamente da bianchi, sarebbe anche quella «libertà di pensiero» o sarebbe mero razzismo?
Fatto sta che l'articolo dell'Uccr si conclude con un'ammonimento alle aziende che hanno risposto manifestando il proprio sentimento gay-fliendly, sentenziando poi che «anche Ikea è intervenuta, avendo in passato realizzato uno spot con una coppia omosessuale: ricordiamo che quel giorno nessuna associazione cattolica ha manifestato contro, ha diffamato i responsabili su Facebook o tanto meno lanciato un boicottaggio». No? Eppure è facile ricordarsi del boicottaggio condotto da Il Giornale, di Giovanardi che ha dato di matto e di Avvenire che ha immediatamente chiuso la porta ad ogni dibattito... per non palare di come altre volte si sia preferita l'imposizione ad una scelta libera, come nel caso dell'Aiart che ha deciso (a torto secondo l'Agcom) la sospensione di "Fisica o chimica" perché troppo gay-friendly, impedendo ai singoli telespettatori di poter decidere se guardarlo (al contrario dei singoli gay che poteranno decidere quale pasta acquistare).
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