Il parlamento ugandese ha approvato la legge anti-gay: introdotte pene sino all'ergastolo


Il recente fermento attorno ai gay pare essersi confermato come un preambolo propagandistico per una notizia che nessuno di noi avrebbe mai voluto sentite: il parlamento ugandese ha approvato la famigerata legge anti gay, nota inizialmente con il nome di Kill The Gays.
Nonostante le pressioni internazionali abbiano portato allo stralcio della pena di morte inizialmente prevista, le sanzioni introdotte sono pesantissime:chiunque verrà ritenuto colpevole di «promozione» dell'omosessualità potrà rischiare il carcere a vita. Sarà anche vietato discutere in pubblico di omosessualità, così come sono previste pene detentive per chiunque non denunci i gay alle autorità. Insomma, in clima di efferato odio omofobico da parte della popolazione si andrà nella direzione di vere e proprie caccia all'uomo.
Il testo è nell'agenda parlamentare sin dal 2010, ma ha subito innumerevoli rinvii legati alla consapevolezza dei politici delle possibili conseguenze: se da un lato la norma è stata fortemente voluta dalla parte più omofoba della popolazione e dagli esponenti di varie religioni, dall'altro si teme che gli aiuti economici internazionali su cui si basa l'economia del Paese possano essere interrotti in seguito a quella violazione dei diritti umani. Da sottolineare è anche come anni di propaganda abbiano sfruttato l'ignoranza della popolazione per convincerla che l'omosessualità non sia innata ma possa essere in un qualche modo "trasferita", alimentando così l'odio verso i gay dietro la scusa di dover «proteggere» i bambini (motivo dell'appoggio che la norma riscuote fra l'opinione pubblica locale).
Stamani il primo ministro Amama Mbabazi ha cercato di opporsi al voto sostenendo che i politici presenti in aula non raggiungessero il numero legale, ma il suo tentativo si è rivelato vano. Anche lo scorso anno si tentò di far passare la norma alla vigilia delle feste e lo speaker Rebecca Kadaga la annunciò come «un regalo di natale» a tutti gli ugandesi.
Ora manca solo la firma del presidente Yoweri Museveni che non è così scontata. In precedenza si dichiarò contrario alla norma e anche ora dovrà soppesare accuratamente il rischio di una chiusura del rubinetto degli aiuti internazionali.
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