In Alabama vince il Ku Klux Klan: i matrimoni gay tornano illegali


Il 9 febbraio scorso i matrimoni gay sono divenuti legali in Alabama grazie alla sentenza di un giudice distrettuale aveva sancito l'incostituzionalità del loro divieto. La decisione aveva mandato su tutte le furie i repubblicani, pronti a protestare in modo violento attraverso una serie di iniziative volte ad impedire che la legge potesse essere rispettata.
Il giudice capo Roy Moore si spinse sino a minacciare ripercussioni per qualunque funzionario pubblico avesse rilasciato licenze matrimoniali a persone dello stesso sesso e ben presto il Ku Klux Klan scese in campo per difendere la sua posizione discriminatoria.
Ora si giunti all'ultimo, imbarazzante capitolo della vicenda. La Corte Suprema dell'Alabama ha ordinato di fermare la celebrazione matrimoni dello stesso sesso nello stato. «Così come è stato per circa due secoli -afferma l'ordinanza- la legge dell'Alabama permette il matrimonio solo ​​tra un uomo e una donna. I giudici dell'Alabama hanno il dovere di successione ministeriale a non emettere alcuna licenza matrimoniale in contrasto con questa legge. Nessuna disposizione altera la Costituzione degli Stati Uniti o prevale questo dovere».
La richiesta di sospensione della sentenza distrettuale era stata avanzata il mese scorso dalle associazioni cristiane Policy Institute Alabama e Alabama Citizens Action. Per dar seguito alle loro richieste i giudici hanno dovuto sostenere che la legge federale non prevede alcun riconoscimento dei matrimoni gay e, data l'incostituzionalità rilevata in Alabama, ogni qualvolta una legge dello Stato risulti in contrasto con la legge federale, quest'ultima deve essere ritenuta predominante.
Peccato che nel caso specifico pare proprio che la legge federale non vietasse nulla e che il desiderio di mantenere in vita una discriminazione incostituzionale dipendesse principalmente dai pregiudizi della maggioranza conservatrice del Paese, non certo sensibile ai diritti dei gay. Ora bisognerà attendere per capire se ci sarà un ricorso o se si attenderà la pronuncia della Corte Suprema federale.
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